Si può scrivere di due generi/non generi musicali senza averne assistito alla nascita? Qualcuno direbbe che si tratta di un esercizio di stile troppo ambizioso, qualcun altro scuoterebbe la testa senza stare a sprecare troppo fiato. Eppure, tenetevi forte: l’esperimento è riuscito! Dario Grande, autore del saggio Dall’indie all’itpop – Evoluzione, estetica e linguaggi, edito da Vololibero, è riuscito in questa benemerita eccezione da carismatico speaker e coraggioso ex studente del DAMS, dando prova di non essere uno sprovveduto che si improvvisa conoscitore di qualcosa, ma piuttosto un abile curioso che ha saputo tramutare un interesse personale in un progetto concreto.
Siamo nel 1986 quando la rivista musicale NME distribuisce nel Regno Unito una compilation in cassetta intitolata C86. La raccolta comprendeva diversi brani di band sotto contratto con etichette cosiddette indipendenti perché low budget o dedite all’utilizzo di metodi e strumenti non convenzionali per raggiungere il pubblico. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti e le radici alternative da cui proveniva l’indie d’oltreoceano sono arrivate a contaminare anche la discografia italiana ispirando artisti come i Litfiba o i Diaframma, primi fra tanti. Per fare questo, però, è stato necessario scendere a compromessi e cucire addosso a un capo à la page, qualche toppa melodica qua e là, ribattezzando qualcosa che nel tempo è diventato pienamente fruibile per le radio anche grazie all’importante ruolo che hanno avuto i social network e le piattaforme di streaming: l’itpop.
Come recita il titolo di questo scorrevole volume, ciò che l’autore intende analizzare è il passaggio che ha determinato il punto d’incontro tra la scena indipendente italiana, indiscussa dominatrice del panorama musicale degli ultimi dieci anni, con il nuovo pop italiano.
Utilizzando un linguaggio chiaro e comprensibile, rivolto soprattutto a chi manifesta interesse nell’approfondire l’origine del termine “indie”, Dario Grande strizza l’occhio a quella generazione degli anni 90 e 2000, di cui lui stesso fa parte, che troppo spesso si è trovata a ridurre l’espressione musicale suddetta, a un mero ascolto di canzoni per lo più riconoscibili dai nomi telegrafici di farmaci e città che di indipendente non avevano neppure l’odore… se non quello degli abiti smessi e finti vintage degli interpreti. In coda, a ridosso delle conclusioni, non manca una panoramica sugli artisti che maggiormente si sono distinti, nomi iconici della scena come Calcutta, piuttosto che Le Luci Della Centrale Elettrica e alcuni storici riferimenti al passato.
Link alla scheda del libro: https://www.vololiberoedizioni.it/dallindie-allit-pop/
ILARIA SALVATORI