Non sempre nasciamo nel luogo del mondo più adatto a noi e alle nostre esigenze e, se ci capita di nascere in un posto che in qualche modo ci ostacola o, peggio ancora, ci imprigiona, non è così scontato riuscire a trovare il coraggio, la forza e la determinazione per cambiare rotta e riprendere in mano le briglie del nostro destino. Alla fotografa Federica Portentoso queste doti non sono mancate. A 24 anni, infatti, Federica ha deciso di lasciare la sua caotica Roma, dove si sentiva imbrigliata tra traffico, regole ferree e smog, per partire con pochi euro e un biglietto di sola andata alla volta di un luogo che avrebbe potuto permetterle di esprimere al meglio le sue qualità professionali e umane. E non si è trasferita proprio dietro l’angolo ma praticamente dall’altra parte del mondo, in Australia. Lì ormai vive da più di 7 anni, sta per ottenere la cittadinanza australiana ma soprattutto, come sognava da sempre, è diventata una stimata fotografa, lavorando per importanti catene di ristoranti e marchi internazionali prestigiosi. Data la sua natura eclettica e piena di vitalità, inoltre, Federica non si è limitata a questo e pian piano è diventata anche un punto di riferimento per tutti quelli che la seguono sulle pagine Instagram @a.wild.mind e @a.wild.farm, dove porta avanti le sue vere e proprie rivoluzioni contro il sistema. Qual è stato il percorso che le ha permesso di infrangere tabù e limiti imposti dalla società riuscendo alla fine a trovare la sua strada? Cerchiamo di capirlo in questa intervista, che speriamo possa aprire nuovi orizzonti a tutti i giovani (e meno giovani) che vogliono intraprendere una carriera simile alla sua ma ancora non hanno trovato il coraggio, la forza e la determinazione per farlo.
Ciao Federica, come sai ti ho conosciuta grazie ai tuoi video contro la plastica e alle tue battaglie ambientali di cui se ti va chiacchieriamo in chiusura. Prima però voglio parlare del tuo lavoro, perché subito dopo aver incrociato casualmente il tuo percorso per queste altre cause ho scoperto che sei innanzitutto una fotografa davvero “portentosa” (nomen omen!). Quando hai capito che la fotografia per te era più di una passione?
Ciao Doriana, prima di tutto grazie per la pazienza che hai avuto nell’attendere le mie tempistiche aliene. Sono conosciuta per non essere mai puntuale… Il fatto è che la mia mente vaga veloce e mi trovo sempre sommersa dalle cose più disparate!
La mia passione per la fotografia è iniziata già quando ero alle elementari. Ricordo che per una gita scolastica un familiare mi regalò una macchinetta a rullino, forse una usa e getta… Tornai a casa con il rullino pieno e una volta stampato mia mamma si chiese cosa ci avessi visto in quelle foto di vasi e fiori tutte storte. Io comunque mi ero divertita tantissimo a scattarle (tra l’altro ancora dovrei averle da qualche parte). Più avanti iniziai a rubare la prima macchinetta digitale di papà finché praticamente divenne un furto vero e proprio e quella macchinetta diventò definitivamente mia. In seguito cominciai a passare le giornate inchiodata al computer guardando fotografie di grandi fotografi finché, a circa 14 anni, mi decisi ad aprire la mia prima galleria di fotografie su una delle primissime piattaforme fotografiche (di cui nemmeno ricordo più il nome) accompagnata da un blog su MSN Messenger, in cui scrivevo storie di vita accompagnate dai miei scatti. Per fartela breve, finalmente la mia famiglia capì che quella macchinetta stava reprimendo il mio bisogno di esprimermi e poco dopo, a 15 anni, sono riuscita a convincerli a regalarmi la prima reflex digitale. Con quella macchina ricordo di essere davvero decollata!
Questo “decollo” amatoriale è stato poi seguito da tutta una serie di esperienze formative che ti hanno permesso via via di perfezionarti sempre più. Qual è stato il tuo percorso di studi e quali le esperienze più importanti che ti hanno inserita concretamente in questa professione?
Ho studiato Scienze della comunicazione per tre anni, forzata dai miei che speravano in una laurea… mai pervenuta. Nel frattempo sono stata quattro mesi in Australia, tre mesi in California e due mesi in giro per l’Europa. Questi sono stati i miei primi veri e propri viaggi fotografici che mi hanno confermato che viaggiare e fotografare doveva assolutamente essere il mio futuro. Tornata dai vari viaggi ho deciso di cancellare l’iscrizione all’università e mi sono iscritta al corso di fotografia dello IED a Roma, in cui tre anni più avanti ho preso la laurea e sono diventata “Dottoressa in fotografia”: scherzo sempre su questo titolo, perché sono convinta che una laurea in fotografia non serva assolutamente a nulla. Se non hai un bel portfolio non sarà certo una laurea a farti trovare lavoro!
Non hai mai nascosto di essere abbastanza insofferente alle regole e agli orari imposti dal sistema, non solo quello scolastico e universitario italiano ma proprio quello in generale. Cosa ti ha permesso nonostante tutto di resistere, laurearti e diventare una professionista nel tuo campo?
Tasto dolente! Ho sofferto tantissimo i miei anni scolastici e durante quelli universitari la mia pazienza era oramai agli sgoccioli. Non vorrei mai tornare a quegli anni. Ho resistito per rispetto dei miei genitori che hanno investito tantissimi soldi nella mia formazione, se non fosse stato per loro credo che non avrei nemmeno fatto l’università. Ero pronta a decollare e trasferirmi altrove o semplicemente viaggiare il giorno stesso che ho preso la maturità! Forse è stato meglio così comunque, credo fortemente che tutto va sempre esattamente come deve andare. Chissà se andandomene a soli 18 anni, con una testa molto sognatrice ma poco realista, oggi sarei lo stesso qui!
Quando sei partita per l’Australia, nel 2014, avevi già deciso che trasferirti lì, o comunque abbandonare l’Italia, sarebbe stato il tuo obiettivo definitivo oppure inizialmente pensavi potesse essere giusto un’esperienza di un periodo, magari vissuta come parentesi liberatoria e disintossicante?
Sono partita subito con un biglietto di sola andata. Avevo detto alla mia famiglia che sarei rimasta per sei mesi o un anno, per farli stare tranquilli… e perché un po’ di fifa ovviamente c’era. Ma dentro di me la speranza che fosse un “per sempre” c’è sempre stata. Ho scelto l’Australia per varie ragioni: come ho detto prima, ci ero già stata a 20 anni per tre mesi e avevo respirato per la prima volta libertà in ogni senso, libertà di espressione, libertà mentale dagli schemi, libertà in ogni sua sfaccettatura. Ho sempre pensato che fosse molto lontana, ma non c’era nulla in Europa che la eguagliasse. Avrei voluto trasferirmi in California, se solo ci fosse stato un visto che lo permettesse. Ora comunque, con il senno di poi, ho realizzato che quel famoso “sogno americano”, che a un certo punto della vita tutti abbiamo, non ha basi concrete, anzi è ormai sotto gli occhi di tutti il marciume che ha alle radici… quindi sono davvero felice di aver scelto l’Australia alla fine.
Entriamo un po’ di più nel merito delle tue fotografie e del tuo “sguardo” sui soggetti che immortali. Cosa cerchi di comunicare principalmente quando scatti una foto e quali sono i soggetti che ti appassionano di più?
La natura, i dettagli della natura sono ciò che mi incanta sempre. Una luce particolare, un riflesso, la venatura di una foglia, un insetto particolare. E in generale mi piace poter trasmettere a chi guarda ciò che ho provato io in quell’istante, un piccolo modo per dare a tutti l’opportunità di immergersi in un quadro come quelli in cui si immergeva Robin Williams nel film Al di là dei sogni. Mi piace l’idea di riuscire a far immaginare il calore di un raggio di sole sulla pelle o un odore. Questo è il mio obiettivo, ciò che spero di fare con le mie foto.
La fotografia, come l’arte in generale, non è comunque un “ambiente unico” ma al suo interno ci sono tante “stanze” che ne orientano generi e categorie, tra le quali ciascun fotografo sceglie di entrare e uscire a suo piacimento, specializzandosi poi in ciò che gli è più affine. Tu, ad esempio, ti occupi principalmente di cibo e lifestyle. Cosa ti ha spinto a scegliere proprio questi due temi?
Credo che il cibo sia una delle più grandi passioni della mia vita. Anche senza fotografarlo, generalmente mi piace curare l’aspetto di un piatto e giuro che lo faccio anche quando mi preparo un semplice piatto di pasta al sugo a casa da sola. Credo che il cibo stesso sia una grande forma d’arte in 4D, visivamente può essere bellissimo e, se accostati bene, i diversi colori che si incontrano tra loro nei piatti fanno sembrare il cibo ancora più buono. Poi stiamo comunque parlando del regno dei sapori, degli odori e di tutti gli abbinamenti fonte di tanti studi che mi affascinano tantissimo… Cucinare e mangiare sono decisamente qualcosa che mi rende felice, e se posso abbinarci la mia altra più grande passione, ovvero la fotografia, allora tutto può solo essere ancora più bello! Per quanto riguarda il lifestyle, potrei sembrare un po’ hippy ma sono della bilancia e si sa che noi bilance ricerchiamo il bello in ogni cosa. Vedere un muro di un certo colore con un divano che si abbina, quella pianta o quella finestra, un dettaglio specifico… fanno scattare in me il bisogno impellente di scattare una foto subito!
Ma entrando più nel dettaglio, quali sono gli aspetti che ti affascinano maggiormente nel fotografare proprio il cibo, cioè proprio quella serie di elementi commestibili che un attimo prima sono nel piatto e l’attimo dopo sono già tutti sbrindellati nel tuo stomaco?
Prima di tutto amo lavorare spalla a spalla con gli chef. Credo che gli chef siano persone molto sensibili, nonostante spesso non sembri, perciò mi piace osservarli mentre poggiano con delicatezza quella fogliolina di timo che probabilmente nessuno noterà ma che per me invece è letteralmente la ciliegina sulla torta.
Fotografare il cibo inoltre mi ha portato a conoscere tantissimi ristoranti, a lavorare con le migliori compagnie di ristorazione di Sydney, ma soprattutto a mangiare tantissimo (lo dimostrano i 10 kg presi in cinque anni!) e provare sempre cibi nuovi.
Invece, relativamente al lifestyle, nel momento in cui uno dei soggetti di cui parlavi prima attira la tua attenzione, il tuo obiettivo fotografico cerca più di carpirne la realtà oggettiva oppure ti concentri maggiormente sulla rappresentazione personale della realtà che quello scatto potrà offrire?
Sono sempre stata una fotografa impulsiva, ho sempre sofferto quando all’università avevamo le ore di studio. Era più il tempo che passavamo a sistemare il soggetto che quello in cui lo scattavamo. E a quel punto l’ispirazione era finita. Mi piacciono le cose naturali. Quindi direi che la rappresentazione è principalmente soggettiva.
Hai dichiarato spesso di non demonizzare la post-produzione di per sé, perché, in base a come viene utilizzata, può anche essere una valida alleata della fotografia. Entro quali limiti secondo te quindi è un bene e come accorgersi quando si sta esagerando?
Secondo me ha poco senso quel tipo di foto in cui la luna viene aggiunta ad un paesaggio o il cielo viene cambiato da nuvole grigie ad un tramonto incredibile. Quella non è una fotografia ma una grafica. Non transigo poi le modifiche attuate sui corpi delle persone, come ad esempio ingrandire gli occhi, le labbra, il seno e quant’altro, perché trovo che siano pratiche che hanno terribilmente rovinato la nostra società, soprattutto per quanto riguarda i giudizi sulle donne. Va bene eliminare un brufolo che magari ti è spuntato in faccia proprio nel giorno del tuo matrimonio, quella è sfiga e va bene utilizzare la tecnologia per eliminarne le tracce. Però, ecco, c’è un limite evidente oltre al quale secondo me una fotografia smette di essere una fotografia e diventa una grafica o un’illustrazione.
Sempre a proposito di post-produzione, una delle due guide che hai scritto è dedicata proprio ad essa. Vuoi raccontarci in poche parole il suo contenuto e dove trovarla?
La mia guida sulla post produzione insegna tutto ciò che c’è da sapere sull’editing fotografico. In pratica ho spiegato passo per passo, attraverso un pdf e alcuni video tutorial, tutto il lavoro che faccio sulle mie fotografie dall’istante in cui le scatto a quello in cui vengono pubblicate. Per acquistarla basta andare nello shop del mio sito www.portentoso.com dove tra l’altro c’è uno sconto se viene acquistata insieme a quella di fotografia.
La guida principale che hai scritto infatti è quella dedicata in generale alla fotografia, in cui metti la tua esperienza al servizio di un target abbastanza diversificato di utenti, partendo da quelli che magari si avvicinano per la prima volta a questa arte per diletto o addirittura per pubblicare scatti migliori su Instagram, fino a trattare nozioni, consigli e suggerimenti più tecnici rivolti ai professionisti. Cosa possono quindi aspettarsi i nostri lettori, sia gli appassionati che i professionisti, acquistando la tua guida?
La guida fotografica parla di fotografia a 360 gradi. Partendo dalle basi, come prendere in mano una macchina fotografica, alle impostazioni che bisogna conoscere per poter fotografare. Parlo anche di luci, colori e consiglio le migliori attrezzature per ogni tipologia di fotografia. Spiego infine come diventare fotografo di professione, spiegando l’importanza di un portfolio e di tutti gli step che a me sono stati fondamentali per arrivare dove sono oggi. La guida si acquista sempre sullo shop del mio sito www.portentoso.com da sola o insieme a quella sul fotoritocco con lo sconto di cui dicevo prima.
Sul tuo sito non ci sono ovviamente solo le guide ma anche una parte dei tuoi lavori e della tua storia. Nonostante tu abbia questo sito ufficiale, però, la maggior parte dei tuoi lavori “pubblici” ho potuto ammirarli sulla tua pagina Instagram, @a.wild.mind (che si accompagna alla pagina @a.wild.farm dedicata a ricette di cibo e cosmesi ecosostenibili). Inoltre nella tua guida c’è proprio un intero capitolo dedicato ad Instagram, senza contare che sei stata praticamente tra i primi ad aprire lì il tuo account, mentre tutto il mondo aveva appena cominciato a capire Facebook. Sembra scontata perciò la risposta che potrai darmi a questa domanda ma te la faccio comunque: per la tua esperienza, quanto contano i social network nella vita professionale (ovviamente con un occhio di riguardo per la tua professione)?
Il sito è il mio portfolio, è come una vetrina per chi vuole vedere i miei prodotti ma è come se fosse un negozietto nascosto in una via di un paese isolato. Nessuno verrà mai a vederlo se non gli dico dov’è. Per far sì che le persone vedano i miei lavori e quindi si appassionino a ciò che faccio serve necessariamente un social network. Instagram secondo me è il social migliore per quello che faccio, prima di tutto perché ha superato anche Facebook e credo che sia abbastanza assodato ormai che è il social principale, inoltre, se lo si sa usare bene, può dare risultati incredibili.
Infatti so che tu non lo usi solo per diletto ma lavori anche tramite il tuo spazio su Instagram, il che, per raggiungere un pubblico più vasto, è sicuramente un’opportunità meravigliosa che i fotografi del passato non avevano. A proposito di fotografi del passato, comunque, chi sono i tuoi preferiti, quelli a cui più ti ispiri?
Steve McCurry è colui che mi ha sempre ispirato tantissimo nel tempo. È difficile comunque ad oggi dire chi è il mio fotografo preferito: una volta c’erano pochi fotografi, oggi siamo tantissimi e si prende spunto l’uno dall’altro costantemente, soprattutto quando si “scrolla” sui social media saltando di persona in persona.
Spesso si dice che questa in cui viviamo è la società “dell’immagine”, in cui ciò che appariamo esteriormente viene considerato addirittura ciò che siamo, lasciando meno spazio alla nostra vera essenza interiore. Da artista dell’immagine qual è il tuo punto di vista a riguardo?
È paurosamente vero, purtroppo è quasi tutto basato sull’aspetto esteriore. È stato deludente per me incontrare dal vivo alcune persone che magari per mesi o anni ho seguito su Instagram, scoprendo che la loro era tutta una montatura, che non erano come si descrivevano o come apparivano nei loro profili. Per questo io cerco di essere sempre autentica in tutto ciò che faccio. Su Instagram mi mostro sempre per ciò che sono, senza mentire mai, sia che io stia bene e sia che io stia male, i miei followers vedono sempre entrambe le sfaccettature perché la vita reale è così. Secondo me, poi, chi ha bisogno di mentire è perché in fondo non sta bene con se stesso e ha bisogno di crearsi un mondo finto, ma mi domando se serve davvero questa finzione ad autoconvincersi di essere come si appare, sapendo che non corrisponde alla realtà…
Infatti, hai ragione. Comunque è un discorso lungo che meriterebbe un approfondimento a parte. Certo è che nel nostro piccolo possiamo cercare di tenere testa all’ipocrisia omologante di questo periodo storico (che opera sui social ma non solo) impedendole di manovrare il nostro pensiero, attività che tu, come dicevo all’inizio, porti avanti praticamente in parallelo con la tua attività di fotografa, infatti la tua pagina su Instagram può considerarsi a tutti gli effetti quella di un’influencer, nel senso più nobile del termine, ossia chi diventa un’ispirazione per tutti coloro i quali si ritrovano nei suoi ideali e vorrebbero abbracciare in tutto o almeno in parte il suo stile di vita. Io ad esempio ti considero una vera ispirazione soprattutto per come ti rapporti con la natura selvaggia e con gli animali di ogni genere e tipo nonché per le tue continue sensibilizzazioni in difesa del pianeta. Dove nascono le tue battaglie e dove speri possano condurre?
Le mie battaglie nascono dal bisogno di riconnetterci al mondo da cui veniamo. Sono fortemente convinta che siamo semplicemente degli animali che si sono sviluppati in una maniera differente dagli altri, ma restiamo pur sempre animali e come tali la nostra felicità e armonia dipende dalla natura. Nel tempo la società in cui viviamo ci ha allontanato sempre di più dalla natura, costringendoci a rintanarci 40 ore a settimana dentro stanze chiuse, con aria condizionata e luci al neon. Questo ha lentamente ucciso la nostra linfa vitale creando depressione, ansia e tutte quelle malattie che i medici non sanno come spiegare e dicono quindi banalmente che si tratta di “stress”. Io sono alla costante scoperta di una vita connessa al nostro essere e quindi alla natura. Faccio di tutto per autoprodurmi perché questo mi fa rendere conto di cosa c’è davvero dietro al prodotto di qualunque tipo che acquistiamo banalmente. Lavoro nel mio orto. Cammino scalza più che posso. Cerco di avere tempo per non fare assolutamente nulla, dando così spazio alla mia mente per viaggiare dove vuole quando ne ha bisogno. Mi prendo semplicemente cura di me, come essere umano ma anche come anima che fa parte di questo universo.
Se vi è piaciuta la storia di Federica potete seguire le sue avventure quotidiane su Instagram: lì non solo scoprirete meglio il suo talento artistico, la sua simpatia e la sua autenticità ma soprattutto troverete molti spunti per riflettere sulle abitudini e le idee imposte dalla società, accorgendovi che spesso queste consuetudini non sono affatto l’unico modo “giusto” per fare le cose e soprattutto non sono l’unica scelta che possiamo fare per il nostro futuro, sia quello lavorativo che quello del nostro splendido pianeta. Ad esempio, pensate sia ormai impossibile eliminare la plastica dalla vostra vita? Ebbene, in questo video Federica ci spiega come ha fatto lei. Perché niente è impossibile!
DORIANA TOZZI