A Classic Horror Story: rituali raccapriccianti e mostruosa violenza nell’entroterra calabrese

robertodefeopaolostrippoliaclassichorrorstorylocandinaIn viaggio verso la Calabria a bordo di un camper, cinque persone sconosciute tra loro si ritrovano a vivere un’avventura raccapricciante dopo che il loro mezzo di trasporto, a causa di un incidente, li lascia a piedi nel bel mezzo di un bosco in cui si nascondono degli orrori inenarrabili.

Ce lo dicono sin dal titolo, senza considerare il finale metacinematografico con doppio twist, i due registi Roberto De Feo (già autore del bellissimo The Nest) e Paolo Strippoli: A Classic Horror Story ricalca in maniera lapalissiana moltissimi topoi di parecchi film appartenenti al genere, richiamandoli con citazioni più o meno dichiarate e lampanti e ricordandoci scopertamente molti esponenti del filone di riferimento.

Il punto di vista deciso e netto dei due autori, dapprima viene solo suggerito tramite la presenza di un personaggio che vuole fare il regista e cerca di disquisire sullo stato della settima arte in Italia (e in particolare del genere horror), poi viene decisamente “spiattellato” allo spettatore, che non viene escluso dalla riflessione in merito (divenendo parte della riflessione stessa), nel finale che scopre le carte in tavola, regalando addirittura un alone ironico agli orrori fino a quel momento mostrati e raccontati.

aclassichorrorstory1Orrori confezionati in maniera decisamente impeccabile, con una regia e una fotografia degni dei film che vengono presi come esempio dai due autori (tra i quali sicuramente i più recenti folk horror, Midsommar su tutti, senza tralasciare i “classici” Non Aprite Quella Porta o The Wicker Man), ma soprattutto con un cast che dona spessore all’opera, regalando interpretazioni encomiabili, su cui svetta quella di Matilda Lutz, già protagonista di un altro horror, Revenge, che in qualche modo rifletteva su un genere specifico (il rape and revenge appunto).

aclassichorrorstory2Accompagnando i raccapriccianti rituali a cui i protagonisti vengono sottoposti da una specie di setta composta da abitanti del posto, con delle canzoni agli antipodi rispetto alle immagini di orrore e terrore mostrate (tra le quali Il Cielo In Una Stanza di Gino Paoli e La Casa di Sergio Endrigo, scelta stilistica che ricorda un po’ quella operata da Alexandre Aja che aveva utilizzato Sarà Perché Ti Amo per il suo Alta Tensione), i due registi immergono nel sangue i loro personaggi e inscenano una follia folkloristica che fonda le sue radici su una mitologia molto particolare: la leggenda dei tre fratelli Osso, Mastrosso e Carcagnosso, considerati i padri fondatori della mafia, della ndrangheta e della camorra.

aclassichorrorstory3Grazie a degli ottimi effetti speciali, diventiamo spettatori di una violenza inusitata, radicata nella storia di un luogo sommerso nei boschi e pregno di una tradizione fatta di cieco asservimento a determinati poteri, una brutalità che diventa a tratti grottesca e allucinante (come nella scena in cui la protagonista si ritrova inchiodata ad una sedia, attorno ad una lunghissima tavolata di gente del posto che canta e pranza amabilmente come se niente fosse, capeggiati da una sorta di “padrona” che li tiene in riga, interpretata da Annalisa Magliocca, la Scianel di Gomorra).

Con una simbologia molto forte (i feticci, le maschere indossate dai torturatori, la casa stessa in cui si imbattono i protagonisti e nella quale trovano una bambina con la lingua tagliata, imprigionata in una sorta di gabbia fatta di rami), A Classic Horror Story impressiona e affascina al tempo stesso, facendo riflettere lo spettatore sullo stato del nostro cinema, cercando di dimostrare che, lasciando spazio alle idee e alla creatività, si può andare molto lontano, riscrivendo il proprio “finale”, nonostante si tenti di percorrere strade già note e sicure, così come con forza, determinazione e coraggio riesce a fare la protagonista del film stesso, al pari degli autori che l’hanno creata.

Trailer del film:

ALESSANDRA CAVISI

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