Thumbnail: uno sguardo su Simone Bertanza

THUMBNAIL1.Chi sei, da dove vieni e che musica proponi.

Il mio nome è Simone Bertanza, sono un singer-songwriter di 22 anni e vengo da Roè Volciano, un paesino vicino al Lago Di Garda in provincia di Brescia. Quella che scrivo e suono è musica di genere prettamente folk, con influenze blues, rock, heartland-rock, cantautorato in chiave one-man band o con band.

2.Il panorama musicale italiano aveva bisogno di te?

Ritengo che il panorama musicale italiano, specialmente in un momento di povertà assoluta di contenuti poetici e musicali, abbia bisogno di ogni artista con storie autentiche da raccontare, a prescindere dal genere. Il mio stile rispecchia un mondo “poco italiano”, a causa soprattutto della decisione di adottare attualmente l’inglese come lingua principale, ma sono assolutamente orgoglioso di poter, a mio modo, contribuire ad alimentare quella schiera di artisti italiani emergenti con delle storie autentiche da raccontare, ed un sogno che non sia il “successo facile” da perseguire.

3.Se tu fossi una meta da raggiungere con il “navigatore musicale”, quali coordinate di artisti del passato o del presente dovremmo impostare, come strada da percorrere per arrivare al tuo sound?

Da sempre sono molto legato ad una tradizione folk-rock di grandi cantautori americani come Bruce Springsteen, Bob Dylan, Woodie Guthrie, Pete Seeger ed i più giovani Ryan Adams e Ben Harper; al contempo, negli anni ho approfondito la passione per la musica folk legata alle coste dell’Australia, prendendo in considerazione nomi come John Butler, Xavier Rudd, Kim Churchill, Steph Strings, Sons Of The East, Amistat e tanti altri. Nella mia musica ritrovo sfumature ed influenze provenienti da Mark Knopfler ed altri artisti britannici come Paolo Nutini, Ed Sheeran e Sam Fender, oltre ad una radice legata al blues rurale degli anni 30/60, con influenze di Muddy Waters, Robert Johnson, Son House, Jimi Hendrix ed altre leggende del passato. Insomma, è un gran bel macello, e alla fine di tutto ciò credo che se provaste a cercarmi col navigatore vi trovereste nel mezzo di un oceano a caso, non saprei nemmeno quale, né in che momento storico.

4.Il brano del tuo repertorio che preferisci e perché questa scelta.

Attualmente, di ciò che sono le mie pubblicazioni, sicuramente il mio nuovo singolo Jamming On The River; un po’ perché si tratta della mia prima pubblicazione “seria”, con la mia etichetta Rivertale Productions, un po’ perché è un brano a cui sono estremamente legato, a causa del momento storico in cui l’ho scritto. È un brano che mi ha riportato in carreggiata in uno di quei momenti di down che ogni tanto chiunque si trova ad affrontare nella vita. Questo brano mi ha fatto vera e propria psicoterapia.

5.Il disco che ti ha cambiato la vita.

Citarne solo uno è davvero complicato, ma se proprio devo: Darkness On The Edge Of Town di Bruce Springsteen.

6.Il tuo live più bello e quello invece peggio organizzato.

Il live più bello è, incredibilmente, anche il più recente. Il 2 dicembre di quest’anno ho avuto l’onore di suonare un brano che fa parte del mio nuovo EP in uscita, dedicato a mia nonna Renate, per la Light Of Day Foundation, ovvero un progetto che ha origine nel New Jersey per idea di un grande cantautore, Joe D’Urso, dedicato alla raccolta fondi per la ricerca contro le malattie neurodegenerative come il Parkinson e la SLA. Mi sono trovato a suonare questo brano, in un momento di una profondità allucinante, con un teatro sold out in totale silenzio davanti; dietro di me trenta anime che di recente avevano perso un amico a causa della SLA, e di fianco a me nientepopodimeno che Massimo Cotto a presentare la serata. È stata questa una delle esperienze più forti ed intense che abbia mai provato sul palco e nella vita in generale. Allego video dell’esibizione:

Per quanto riguarda l’esibizione più disorganizzata, una volta, sono stato contattato a fare una serata per il comune di San Felice Del Benaco, nelle mie zone. Incaricato di portare tutto l’impianto compreso di casse, mixer, cavi, prolunghe, chitarre, ecc.. (ma chi fa questo lavoro sa perfettamente essere la prassi), arrivo sul luogo indicato per scaricare, dopo aver scoperto essere a più di cinquecento metri dal luogo del concerto.
Attrezzato di braccia e gambe rubate all’agricoltura, facendo chilometri avanti e indietro (sì, non avevo un carrellino o qualcosa di simile), finisco di portare tutta la mia attrezzatura sul luogo del concerto, ovvero un porticato sopraelevato rispetto alla strada dove le persone mi avrebbero ascoltato, con delle colonne ai miei lati, e sotto il portico un riverbero da far impazzire un sordo. Per me, era impossibile sentirmi, in quanto le mie casse dovevano necessariamente stare al di fuori del porticato, un po’ a causa del riverbero, un pov a causa delle colonne che occupavano tutto il resto dello spazio, ed inoltre non avevo con me una cassa spia o in-ear, quindi ho solo dovuto fare pace con me stesso e gestirmela così. La cena è stata un pacchetto di patatine che ho dovuto pagare perché il gestore del bar a cui mi è stato detto di cenare non sapeva e non credeva che io fossi l’artista della serata. Questa serata è stata fatta nel luglio 2022 e pagata, a causa di “problematiche interne”, nell’agosto 2023.

7.Il locale di musica dal vivo secondo te ancora troppo sottovalutato e, al contrario, quello eccessivamente valutato tra quelli dove hai suonato o ascoltato concerti di altri.

Un locale dalla proposta musicale sempre fresca, improntata alle novità stando sempre e comunque attento alla scena attuale di svariati generi musicali è il Monamì, circolo ARCI di Montichiari (BS), dove ho avuto l’immenso onore e privilegio di suonare la primavera scorsa con la leggenda locale della chitarra blues Enrico Sauda; è davvero un locale che meriterebbe sempre un po’ più di attenzione rispetto a quella di cui gode.

Onestamente sto avendo difficoltà nel farmi venire in mente un locale sopravvalutato in cui mi sia capitato di suonare o sentire concerti di altri. Ho visto negli anni il decadimento artistico di un locale bresciano storico, una volta tempio della live music della mia città, ovvero il Lio Bar. Ma più che essere sopravvalutato ha proprio cambiato impostazione, togliendosi dal giro degli affezionati locali di live music. simonebertanza1

8.Le tre migliori band emergenti della tua regione.

La miglior band emergente del mondo è a Brescia, ed il suo nome è Gemini Blue. Sono due ragazzi, amici, fratelli (Osasmuede Aigbe alla chitarra e Giacomo Sansoni alla batteria) anche loro provenienti dalle zone del Lago di Garda, che stanno facendo strada, raggiungendo risultati incredibili come le due aperture ai concerti della superband Kaleo, di cui una al nostro amato Anfiteatro Del Vittoriale. Vi allego il link del loro ultimo album in studio: https://open.spotify.com/intl-it/album/3D4IolaHHhXyqiUHB9gcB7?si=V_fpZX6mRkSjaO-uzXRZOg.

Altre due band incredibili di giovani talenti bresciani sono sicuramente i fratelli Listrea: https://open.spotify.com/intl-it/artist/5cu0L5NTXmfDRi56J1g87b?si=WFCyYIjvSmut_6ygZSQr7Q.

E i fratelli Barkee Bay: https://open.spotify.com/intl-it/artist/72KRmtW8IrP6D8FwG8Boi8?si=3oEGts0-Th-OBKLlWfWYKg.

Suoniamo tutti generi estremamente differenti ma uno degli aspetti che mi rende più fiero di essere un artista bresciano è la fratellanza e l’amicizia creata con ognuno di questi talenti che vi ho appena citato.

simonebertanza29.Come seguirti, contattarti, scambiare pareri con te.

Potete seguirmi e contattarmi tramite ognuno dei seguenti social:

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Facebook: https://www.facebook.com/simone.bertanza.9
Mail: simone.bertanza00@gmail.com

Oltre a poter contattare la mia etichetta discografica su profilo instagram @rivertale2015, e ovviamente, trovarmi di persona in giro per i vicoli e i bar della mia amata Brescia. Sarei contento di bermi una birra con voi!

10.La decima domanda, che mancava: “Fatti una domanda e datti una risposta”.

Quanto è difficile farsi una domanda? Anche perché d’istinto mi viene da chiedermi qualcosa di totalmente idiota oppure qualcosa di estremamente complicato. Penso che sfrutterò questo spazio semplicemente facendomi un grande augurio, come lo vorrei fare a tutti i miei colleghi che ho precedentemente citato, e a chiunque abbia un sogno e sta lottando per portarlo avanti. Siamo rimasti noi, a sognare, a non avere paura di avere le gambe spezzate dalla fatica del peso di lavorare per qualcosa che non ci procurerà la “normalità” di una certezza economica, e di vita in generale. Siamo rimasti noi, a celebrare e glorificare il sorriso della gente che ascolta le nostre storie. Quelle storie spesso cupe e solitarie, che hanno più senso quando raccontate. Siamo rimasti noi, missionari e portavoce dell’arte di emozionare.  In un momento storico in cui siamo più soli che mai, siamo rimasti noi. Creatori di invisibili vibrazioni, con l’enorme responsabilità sociale, di continuare a far piangere, sorridere, meravigliare ed emozionare il mondo. Non arrendiamoci mai. Auguro a tutti i sognatori di questo mondo, compreso me, di restare tali per sempre, di puntare il cielo dov’è più scuro e di non arrendersi alla normalità.

DORIANA TOZZI

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