Intervista a Papaceccio: dalla musica al teatro la sua internazionale vita multitasking (ma non troppo)

papaceccio1-2017Papaceccio, al secolo Francesco Maria Crudele, è un artista pugliese conosciuto a livello internazionale grazie a numerose performance che negli anni ha avuto modo di realizzare lungo tutto il globo. Definirlo solo dj, rapper, o attore teatrale risulta riduttivo, poiché lui è tutto questo (e molto di più), condito con una generosa dose di irrefrenabile passione. Dai locali di tendenza ai teatri internazionali, il performer barlettano non dimentica mai la sua Puglia e non a caso da anni è tornato a vivere nella sua città (quando gli impegni lavorativi non lo portano in giro per il mondo). Alla luce di recenti successi ottenuti a New York abbiamo deciso di intervistarlo per farci raccontare le sue più recenti attività. Questo è un sunto della nostra lunga e piacevole chiacchierata:

Ciao Papaceccio, abbiamo avuto modo di leggere del grande successo che hai ottenuto di recente a New York, dove hai portato lo spettacolo teatrale Un miracolo italiano, diretto da Dario D’Ambrosi e che vede protagonisti alcuni ragazzi affetti da disabilità. Per questo spettacolo tu, insieme al tuo amico e collega Francesco Santalucia, hai curato le musiche. Vuoi parlarcene un po’?

Dario D’Ambrosi è il presidente del Teatro Patologico, progetto che si occupa di dare voce e spazio a persone affette non solo da disturbi psichiatrici, ma anche con problemi relazionali e di disabilità. Nello spettacolo Un miracolo italiano i ragazzi con disabilità, psichiche e fisiche, diventano protagonisti poiché si parla di loro e del “miracolo” che D’Ambrosi ha avviato con la creazione del teatro patologico. Sono particolarmente orgoglioso di far parte di questo progetto, che comprende spettacoli come La Medea ed il Don Chisciotte in cui questi ragazzi sono anche attori.

Lo spettacolo è andato in scena nel Cafè LaMaMa di New York: in base alla tua esperienza, ci sono differenze a livello di accoglienza tra il pubblico italiano e quello internazionale?

Il pubblico italiano è molto attratto dal nome che appare in cartellone, si lascia in un certo senso papaceccio2-2017condizionare da questo; il pubblico internazionale, invece, nello specifico quello newyorkese, sceglie gli spettacoli in base alla tematica trattata, all’interesse che questa può suscitare o in base al taglio della regia. Oltre al mercato di Broadway, che attira sempre tantissimo pubblico, c’è un mercato parallelo riservato a teatri più piccoli che propongono un genere teatrale sperimentale. Credo sia questa la più grande differenza, purtroppo.

Abbiamo già avuto modo di conoscerti e apprezzarti in diverse occasioni (tra le quali anche una precedente intervista di qualche anno fa, che potete leggere qui: https://www.ithinkmagazine.it/intervista-papaceccio-2011/) e apprezziamo la tua versatilità nell’essere un attore, un musicista, un dj, un rapper… ma se dovessi raccontare in poche parole ai nostri lettori di oggi e ai tuoi nuovi fan chi è Papaceccio, cosa risponderesti? E da quale esigenza (artistica e/o personale) è nato?

Sono fondamentalmente un eterno innamorato dell’arte, di tutto ciò che mi coinvolge ed ha la capacità di contagiarmi in qualche modo; non pongo limiti a ciò che posso imparare. Sono stato definito “multitasking” ed in parte mi riconosco in questa definizione, anche se in parte ho il timore che trasmetta l’idea della mediocrità: fare tante cose non significa per forza farle male, ma ovviamente dietro deve esserci tanto studio, oltre che un minimo di predisposizione. Ci sono periodi in cui mi concentro sull’attività teatrale, altri più su quella musicale, in questo modo è possibile far coesistere le mie diverse anime.

Hai mai avuto un “piano B”, nel caso in cui la vita da artista non avesse funzionato? Quale lavoro avresti fatto in quel caso?

Non ho mai fatto nulla che non fosse arte. Tutto quello che faccio, che sia musica, produzione o teatro, mi appassiona. Se avessi avuto un piano B, sarebbe comunque stato legato al campo artistico poiché credo che il contesto in cui si vive sia assolutamente determinante; per esempio, sono diventato dj perché i miei genitori collezionavano vinili ed erano avidi consumatori di musica, è stato inevitabile per me appassionarmi  ed iniziare a giocare con i dischi. Mi considero molto fortunato nel fare un lavoro che amo.

papaceccio3-2017Hai vissuto in diverse città d’Italia e hai viaggiato in tutto il mondo, ma qual è stato il posto più  bello che hai avuto modo di visitare e quello che ti ha trasmesso più vibrazioni positive?

Ho davvero girato il mondo: uno dei paesaggi che mi ha colpito di più è stato quello di Capo Nord, nonostante io non ami particolarmente il freddo, quei luoghi mi hanno fatto sentire in pace con me stesso.

Però poi per fortuna rientri sempre nella tua Barletta. Sei perciò un esempio del fatto che si possa avere successo anche restando nella propria terra d’origine senza il bisogno di favorire sempre le solite grandi città. Per te è stata una scelta o una necessità?

Sono tornato per scelta, poiché ho avuto la possibilità di partecipare alla residenza teatrale La Tana; non tutti hanno la possibilità di far parte di una realtà culturale tanto stimolante nella propria città. A Barletta ci torno spesso, non solo per una questione di affetti, ma anche perché negli ultimi anni abbiamo fatto notevoli passi avanti; certo si potrebbe fare di più, in generale in Italia abbiamo la sindrome del “nemo propheta in patria”, ovvero tendiamo a trascurare il patrimonio artistico e culturale del nostro paese e a ritenere che sia più facile emergere altrove.

Hai incontrato numerosi VIP a livello internazionale, ma tra i personaggi del mondo della cultura, della musica o del cinema che ancora non hai incontrato, con chi ti piacerebbe trascorrere una serata a cena?

Con le tante persone che ho incontrato nelle mia vita ho avuto modo di realizzare più di un sogno; per esempio ho avuto modo di incontrare e conoscere Al Pacino, uno dei miei idoli nel mondo del cinema. Parlarci e lavorarci insieme è stato un onore. Se proprio dovessi andare a cena con qualcuno sceglierei Stevie Wonder, un artista che ammiro molto anche come persona.

papaceccio4-2017Quali sono i tuoi progetti futuri?

Domanda difficilissima, potrei parlarti per ore dei miei progetti sia in campo teatrale che musicale. Sicuramente continuerò a collaborare con il Teatro Patologico ed il Teatro dei Borgia, in più farò  tante altre esibizioni nei club in giro per il mondo. A partire da febbraio sono stato nuovamente a New York, questa volta per progetti personali, come suonare in importanti locali e atelier di moda. A marzo invece andrò a Santo Domingo per arricchire la selezione musicale del Toma la luna, realtà della movida pugliese di cui sono direttore artistico, e inoltre farò alcune serate dedicate al Toma on tour, nelle quali cercheremo di portare il nostro sound anche in Repubblica Dominicana.

Tornerò poi nuovamente a New York per alcune collaborazioni con Radio Nuova York e anche per una sessione di prove del Re Lear di Celeste Moratti con la compagnia First Maria. Per quanto riguarda l’Italia, invece, sarò a Milano con la compagnia dei Borgia per lo spettacolo SudOrazione, una vera e propria orazione al sud.

Come si immagina Papaceccio tra dieci anni?

Con la barba bianca, sicuramente. Non avendo una folta chioma è il mio unico modo per osservare lo scorrere degli anni. Tra dieci anni sicuramente porterò  ancora con me la mia valigetta di dischi, non ci rinuncerei mai; e spero ancora di avere la stessa passione che  ieri come oggi mi fa sentire vivo.

Allora grazie per il tempo che ci hai dedicato e in bocca al lupo per queste tue nuove avventure.

Grazie a voi, alla prossima.

INGRID VERNICE

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