Il mondo del teatro è una magica realtà che porta lo spettatore ad immergersi in mondi lontanissimi ed allo stesso tempo in realtà che lo toccano nel profondo. La passione per il teatro porta l’attore a dover fare dei sacrifici enormi, premiati poi dalla soddisfazione dell’applauso finale. Un’arte così nobile eppure al giorno d’oggi meno popolare di altre, che vanta numerose compagnie di enorme talento ma che spesso fanno fatica ad imporsi nel mondo dello spettacolo.
Per approfondire il discorso abbiamo incontrato Mariella Parlato, attrice teatrale ma anche cinematografica, nonché doppiatrice. La Parlato ha studiato, tra gli altri, con Giorgio Albertazzi, Ferruccio Soleri, Giancarlo Sepe, Renzo Giovanpietro, Pino Caruso, Eros Pagni, Carlo Giuffrè, Sergio Fantoni, Leo Gullotta e Jurij Alschitz ed è stata tra i fondatori di due compagnie teatrali (Teatro Puck e Teatro delle Onde). Ha condotto per diversi anni trasmissioni radiofoniche ed è da anni impegnata come formatrice in vari seminari e laboratori teatrali, collaborando con enti pubblici, privati, compagnie e scuole. L’occasione durante la quale l’abbiamo incontrata è stata la recente messa in scena del classico di Anton Pavlovič Čechov, Zio Vanja (qui da noi recensito: https://www.ithinkmagazine.it/recensione-cechov-zio-vanja/). Di questo e molto altro parliamo direttamente con lei in questa intervista che oltre a far scoprire meglio quest’attrice di grande talento, ci fa comprendere anche i meccanismi odierni che muovono il mondo del teatro.
Mariella, parlaci un po’ di te: quando e come è nata la tua passione per il teatro?
Tutto è cominciato dalla mia necessità e voglia di esprimermi. Io non vengo dalla scuola ufficiale, mi sono formata sul campo con un grande desiderio di conoscere e di sperimentare. Inizialmente ho lavorato in radio, mi sono trovata agli albori delle radio libere. Sono partita da Radio Centro Puglia, poi ho lavorato anche a livello nazionale con uno dei primi circuiti del tempo, che era T-Radio. Proprio in radio ho fatto i miei primi spettacoli, i cosiddetti radio racconti. Con il mio gruppo ci siamo cimentati in spettacoli radiofonici, mettendo in scena delle gag basate su testi di Amurri e Verde, firme storiche della Rai. Attraverso questa esperienza ho acquisito la consapevolezza di volermi esprimere attraverso la recitazione. Essendo poi una persona molto timida, la radio mi ha dato la spinta necessaria per esibirmi, dato che non potevo essere vista.
Per caso poi, nel 1986, ho letto di un laboratorio teatrale e ho cominciato a frequentarlo. Sono quindi riuscita ad esprimermi a 360°, superando anche la timidezza del farsi vedere in pubblico. L’esperienza del laboratorio è proseguita, fondando la mia prima compagnia, il Teatro Puck, con la quale abbiamo allestito i primi lavori, ma che si è presto evoluto in una cooperativa: il Teatro delle Onde.
Recentemente ti abbiamo vista protagonista, per la produzione di Marluna Teatro, della pièce Zio Vanja di Čechov. Come mai avete deciso di riportare in scena questo grande classico e quanto, secondo te, quest’opera è ancora attuale?
Questo lavoro mi è arrivato per caso, è stata la mia prima collaborazione con Marluna Teatro. Mi sono trovata come sostituta, perché l’attrice che doveva interpretare il mio ruolo ha dovuto rinunciare per motivi personali. Quando mi è stato proposto di interpretare il ruolo di Maria (la vecchia balia), ho subito accettato, anche se avevo pochissimo tempo per provare.
La sceneggiatura è sicuramente molto attuale, dato che i personaggi sono delle persone “normali”: non ci sono eroi, ma solo persone incompiute. Queste persone vivono un tempo incerto, cercando disperatamente la propria strada. Il pubblico si può perciò immedesimare facilmente, dato che tutto ciò non si discosta molto da quello che stiamo vivendo al giorno d’oggi. Non dimentichiamo poi il tema dell’ecologia, che era già presente a fine ‘800. È molto strano vedere come anche allora, quando non c’erano così tante industrie e l’inquinamento ai livelli di oggi, si parlava già di deforestazione e di rispetto nei confronti del pianeta.
Secondo te è possibile oggi vivere facendo l’attore di teatro?
A dir la verità oggi solo con il teatro si vive poco e male, perché il lavoro è di gran lunga diminuito. Colleghi più anziani ed illustri di me mi raccontano spesso che un tempo partecipavano a tournèe lunghe anche anni, mentre adesso è già tanto se si riescono a fare pochi mesi di repliche. Si è costretti sempre a trovare qualcos’altro per arrotondare. Purtroppo mi capita di dover rivelare queste verità ai miei studenti durante i laboratori, ed è ogni volta una brutta sensazione, come se si volesse portar via loro dei sogni. Ma la realtà lavorativa è questa: c’è poco lavoro e gli attori sono troppi.
Parliamo del rapporto tra la tua terra (la splendida Puglia) ed il teatro: è possibile riuscire ad emergere anche in una regione tutto sommato “periferica” rispetto ai classici centri dell’industria dello spettacolo (come Roma o Milano)?
Questa è una domanda difficilissima a cui rispondo diversamente ogni volta che mi viene posta. Fondamentalmente ho delle serie preoccupazioni riguardo la mia terra: il territorio è fertile, è ricco di persone piene di iniziativa, talento e voglia di fare. Ma si fa gran fatica ad avere gli spazi giusti ed operare in tranquillità. Ho perciò un rapporto conflittuale con la Puglia, una terra che adoro e nella quale sono rimasta per scelta. Sono una di quelle persone che va via anche per lunghi periodi ma che poi ritorna sempre a casa. C’è stato un tempo in cui mi sono pentita, avendo l’illusione che andando altrove ci fosse più lavoro, ma alla fine non è sempre vero, oggi la situazione è difficile ovunque.
Per quanto riguarda la Puglia, potrei dirti che a Barletta, per farti un esempio riguardante proprio la mia città, c’è il Teatro Comunale Curci che è meraviglioso, ma che resta aperto esclusivamente per la stagione teatrale. Se invece restasse aperto tutto l’anno, gli attori che hanno voglia di fare potrebbero organizzare laboratori e messe in scena di opere al di fuori di quelle della stagione ufficiale, facendo crescere così il territorio. Speriamo che in futuro si possa prendere in considerazione questa proposta…
Quali sono i tuoi prossimi progetti e un tuo sogno nel cassetto?
Sicuramente andremo avanti ancora con Zio Vanja, dato che abbiamo fatto solo quattro repliche, quindi non vedo l’ora che riprenda la prossima stagione per poter cominciare a girare i teatri nazionali.
Un mio sogno nel cassetto ha a che fare con un testo di Ionesco, ma per scaramanzia preferisco non rivelare i dettagli. Certamente si avvicina molto al tipo di teatro che voglio fare, seppur dovendo fare i conti con la produzione ed i finanziamenti.
Infine mi piacerebbe prender parte a qualche nuovo film. Di recente ho vissuto una bellissima esperienza recitando nel cortometraggio di Pippo Mezzapesa, La Giornata, che ha vinto i nastri d’argento, dedicato a Paola Clemente (la bracciante agricola morta ad Andria qualche anno fa). Questo tipo di coinvolgimento è molto diverso rispetto al classico teatro, perché ti trovi a dover interpretare una persona realmente vissuta, quindi hai una responsabilità ancora maggiore.
Allora ti auguriamo tutto il meglio e continueremo a seguirti nelle tue attività.
Grazie! Alla prossima.
MARCO ROSSOMANNO