Intervista a Keziat, l’artista che crea regni incantati con le penne biro

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Kezia Terracciano, in arte Keziat, è un’artista pugliese con un talento e un’immaginazione fuori dal comune, doti che sin da giovanissima le hanno permesso di farsi conoscere e apprezzare in tutto il mondo. Keziat crea le sue opere con uno stile personalissimo e reso sempre più riconoscibile negli anni anche grazie all’intuizione dell’utilizzo delle penne biro messe al servizio della sua fantasia sfrenata. Per leggere il suo ricchissimo curriculum vi rimandiamo al sito ufficiale che trovate in coda a questo articolo, intanto approfondiamo un po’ con lei la sua storia e le sue evoluzioni attraverso questa bella chiacchierata che parte dal suo passato e giunge al presente proiettandosi inevitabilmente verso il futuro.

Un curriculum artistico corposo come il tuo merita un approfondimento. Vuoi cominciare raccontandoci quali sono stati i tuoi primi passi nell’arte?

Dopo aver concluso gli studi all’Accademia di Belle Arti di Foggia, ho cominciato a partecipare alle prime mostre collettive e contemporaneamente ho iniziato a lavorare nel mondo dell’illustrazione per l’infanzia. Il primo libro che illustrai fu per una casa editrice di Hong Kong. Subito dopo ho realizzato dei lavori per il mercato editoriale degli Stati Uniti, collaborando con scrittori di New York, Los Angeles e Chicago, cimentandomi, per un periodo, anche nel fumetto d’autore. Tutto è iniziato con questi primi lavori che mi hanno spinta ad osare sempre di più, anche se l’arte è una passione che porto dentro praticamente da quando sono nata.

Nel 2000 hai inaugurato il millennio insieme alla tua carriera artistica con mostre collettive a Reggio Emilia e a New York. Qual è il ricordo più bello legato al tuo esordio? E c’è qualcosa che magari ti aspettavi andasse diversamente?

In quel periodo avevo grande voglia di affermarmi (come tutti i giovani artisti), volevo stravolgere il mondo. Lavorai a delle opere pittoriche nuove collaborando con giovani curatori e gallerie. Mi ricordo soprattutto che già all’epoca diversi collezionisti avevano notato il mio lavoro, molti dei quali mi offrirono cospicue somme di denaro e io con orgoglio (o follia) rifiutai, nonostante fossi ventenne e squattrinata. Ero convinta che il successo sarebbe arrivato presto, non mi aspettavo invece che la strada da percorrere sarebbe stata così lunga e tortuosa. keziatarte1

Quando e come ti è venuta l’idea di realizzare anche grandi opere con le biro, che sono diventate praticamente il tuo “marchio di fabbrica”?

Nel 2009, dopo la morte di mio padre, non ho realizzato opere per un lungo periodo. Ad un certo punto cominciai quasi per caso a creare dei piccoli disegni in bianco e nero con le penne Bic e da quel momento in poi è come se nella mia mente fosse scattato qualcosa, come se avessi trovato la strada giusta, una intuizione che poi mi ha portato a lavorare su superfici molto più estese e a sperimentare con la video arte e la video animazione.

Quali sono le tue principali ispirazioni?

La realtà che mi circonda ma attraverso una mia innata visione diversa e distorta. Mi piace stravolgere tutto, rielaborare ogni sensazione, la musica che ascolto, le immagini che vedo che rimangono impresse nella mia memoria. È come estraniarsi da tutto e da tutti e vivere in un mondo parallelo in cui però i riferimenti del mondo reale ci sono tutti.

Avendo esposto le tue opere sia in occasione di mostre collettive che personali, quali consideri i momenti più belli delle mostre condivise con altri artisti e quali quelli delle mostre in cui sono presenti solo i tuoi lavori?

Nelle mostre collettive il bello è proprio che si conoscono altri artisti, ci si confronta, nascono idee, a volte progetti e amicizie, ci si sente uniti. Nelle mostre personali si è soli con il proprio lavoro sotto i riflettori. Si è completamente a nudo.

keziatarte2Negli anni hai esposto in tutti e quattro gli angoli del mondo e creato lavori, installazioni, performance e realizzazioni grafiche e visive di diverso tipo. Ci sono dei luoghi o delle mostre che ricordi con maggior piacere e, al contrario, c’è stato qualche momento di sconforto che ti ha fatto pensare di mollare tutto?

Ho fatto tante esperienze e devo dire che ognuna di loro mi ha lasciato qualcosa. Ricordo con piacere le mostre alla casa Italiana Zerilli Marimò a New York, alla galleria ViaUmbria di Washington Dc, a al Chulalongkorn Museum a Bangkok, all’Istituto Italiano di Cultura di Amsterdam e anche al MAT di San Severo, la mia città natale. I momenti di sconforto ci sono sempre nella vita degli artisti. Ci sono stati dei rapporti di lavoro che sono nati con il botto e che poi si sono conclusi lasciando un senso di frustrazione e amarezza. Nonostante le difficoltà però non ho mai pensato di mollare, per me sarebbe come evitare di nutrirmi o respirare. Impossibile.

Com’è nata la collaborazione con la Violipiano Visual di Luca Ciarla e qual è secondo te il punto di forza dell’unione delle diverse arti?

Nel 2005 Luca, appena rientrato da Hong Kong, dove viveva da più di due anni, decise di organizzare diversi eventi a Termoli, tra cui delle mostre. Mi chiamò e da lì parti tutto. Abbiamo iniziato a frequentarci, siamo diventati una coppia e, vivendo insieme, abbiamo ideato e costruito dei progetti sempre più grandi e ambiziosi. Artisticamente non è stato facile, perché le nostre forme di linguaggio sono molto diverse, ma dopo diversi anni e tanti esperimenti siamo riusciti a trovare una sintesi efficace tra musica e immagini. E così sono nati progetti di video animazione, video performance e… anche nostro figlio…

La tua arte è indiscutibilmente visionaria, tanto è vero che una delle tue collezioni più celebri si intitola proprio così, Visionaria. Com’è nata l’idea di questo primo ciclo di esposizioni internazionali?

Inizialmente usavo solo le penne nere e la maggior parte dei lavori erano molto evocativi e misteriosi. Sono sempre stata attratta dalle visioni irrazionali, dalla potenza dell’immaginazione folle. Visionaria mi sembrava il termine più appropriato per descrivere il mio lavoro e in realtà mi rappresenta ancora oggi. keziatarte3

Visionaria ha girato il mondo dal 2009 al 2016, anno in cui è giunto il tuo secondo ciclo, Hybrids, seguito poi a breve distanza, nel 2018, da Introspective. Quali sono gli eventuali punti in comune tra questi tre progetti e quali sono invece le evoluzioni che ciascuno rappresenta rispetto al precedente?

Sicuramente in tutti questi progetti il nesso è sempre il segno e la visione, solo che Visionaria ha rappresentato il punto di partenza, Hybrids, è la fase più evoluta (in cui il mio lavoro tecnicamente si è arricchito del colore, delle prime opere a penna su tele composte e di ulteriori video sperimentali). I miei soggetti sono usciti fuori dall’ombra per mutare, per poter sopravvivere. Introspective invece è un racconto visivo più intimista, in cui emerge in superficie la profondità del nostro essere e tutto ciò che è legato alla memoria.

keziatarte4Introspective è stato tra l’altro anticipato da un evento molto particolare, Music for your eyes, performance che sancisce un nuovo importante passo nella tua sperimentazione nonché nel ruolo fondamentale che hanno le diverse arti all’interno del tuo immaginario.

Sì, Music fori your eyes è un progetto particolare perché fonde diverse arti (musica, arti visive, danza contemporanea e anche teatro) ma in una chiave sempre diversa. È una performance-progetto site specific incentrata sull’interazione che si genera in quel momento tra gli artisti. Il progetto è stato creato sempre con Luca Ciarla e insieme l’abbiamo portato ovunque, dagli Stati Uniti all’Australia. Ultimamente anche in Sudafrica, nel prestigioso The Centre For The Less Good Idea di William Kentridge, artista che adoro e che ho avuto l’onore di conoscere.

Stiamo giungendo man mano alle tue realizzazioni più recenti. Infatti l’anno scorso, direttamente al MACRO – Museo di Arte Contemporanea di Roma, hai debuttato con la performance In_Visible. Raccontaci un po’ le sue novità.

In_Visible è un nuovo modo di concepire l’arte. Mi piaceva l’idea di portare lo spettatore in un luogo-non luogo, dove in alcuni momenti l’arte è vissuta come performance, in altri come video installazione, dando la sensazione di entrare in uno spazio magico tra il visibile e il non visibile, attraverso proiezioni su veli e stoffe. keziatarte5

In questo nefasto anno, infine, è stata allestita una tua mostra personale, Nel segno di Keziat, presso la Galleria Spazio Petrecca di Isernia. Come è andata, date le restrizioni imposte dalla pandemia?

La mostra è andata molto bene, si è conclusa posticipandone anche il finissage. Inizialmente avevo dubbi se farla o meno, per via dei contagi che in quel periodo erano già in aumento. Abbiamo deciso con la curatrice e il gallerista di farla ugualmente e devo dire che sono rimasta molto colpita. Il pubblico, seppur contingentato e prudente, è stato numeroso ed entusiasta. Siamo stati attenti a rispettare le regole, senza grandi problemi. Dovevo inaugurare anche un’altra mostra negli Stati Uniti ma purtroppo è stata posticipata all’anno prossimo per evitare rischi.

Visto che siamo in argomento: come stai vivendo la situazione COVID19 e cosa pensi si possa fare per tutelare maggiormente gli artisti?

Gli artisti sono esseri ibridi, sono dei camaleonti che cambiano in base all’habitat dove vivono e trasformano di continuo la propria vita. Anzi a volte le difficoltà sono uno stimolo per inventarsi qualcosa di nuovo. Ora siamo tutti in una fase di gestazione, trovando le soluzioni più strane per sopravvivere nel prossimo futuro. In questo periodo insegno anche part time, questo mi ha permesso di stare un po’ più tranquilla sebbene inaspettatamente abbia continuato a lavorare e a vendere opere anche in piena pandemia. Certo, in generale bisognerebbe tutelare maggiormente gli artisti, trovare fondi per dare continuità al loro lavoro e soprattutto riconoscerlo come un lavoro effettivo. Per fare questo ci vorrebbero persone illuminate con idee rivoluzionarie nella classe politica.

keziatarte6Nella tua carriera hai lavorato con diversi curatori. Qual è il tuo punto di vista sui professionisti che operano in maniera parallela agli artisti per favorire la diffusione delle loro opere?

Ho lavorato con diversi curatori e con ciascuno di loro si è instaurato un bellissimo rapporto, fatto di stima reciproca e continua collaborazione. Amalia di Lanno, Barbara Pavan, Carmen D’Antonino per citarne alcune, casualmente tutte donne, e devo dire si è creato un rapporto di stima e collaborazione che continua. Quando si crea un rapporto non si può che crescere insieme.

Tra i colleghi italiani della tua generazione ce n’è qualcuno che apprezzi particolarmente?

Mi piacciono tantissimo le opere incredibili dello street artist Blu, sia quelle realizzate su video che i suoi murales. Credo che sia grandioso. Mi piacciono comunque gli artisti con una forte personalità e un linguaggio unico e ben riconoscibile.

Per seguire KeziaT visitate il suo sito ufficiale: https://www.keziat.net/

DORIANA TOZZI

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