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Cantastorie: “A volte basta un attimo” (racconto liberamente ispirato a “Stelle marine” de Le Luci Della Centrale Elettrica)

stellemarineworld2484a“Cantastorie – Storie immaginarie nascoste dietro le canzoni”

A volte basta un attimo per rivoluzionare una vita intera.

Quando il passato ci racconta le sue storie così lontane dal presente, la paura è solo un concetto teorico, evocato ma lontano, che non ci tange, che non pervade veramente le nostre membra ma concede solo lievi attimi di suspense, adrenalina pura a costo zero. Non si ha mai davvero paura di qualcosa che si ritiene ormai superato: sappiamo che non è possibile che si verifichi di nuovo, perciò ci lasciamo quasi cullare da quelle emozioni forti sapendo che comunque non possono più nuocerci.

A volte basta un attimo, però, per scoprire che la fantascienza può superare la realtà, anzi può impossessarsi completamente di essa fino a far sciogliere come la cera sotto il fuoco di una candela quello scudo invisibile che credevamo potesse proteggerci. Siamo sempre fragili. E forse lo saremo per sempre.

Ieri notte la fantascienza è diventata realtà quando è accaduto qualcosa che ormai da secoli si pensava non potesse più accadere: la tecnologia, che è il nostro ossigeno, la nostra spina dorsale, la solida terra su cui scolpiamo i nostri passi, la divinità che risolve tutti i nostri problemi, ci ha abbandonato. Per trentaquattro minuti. I trentaquattro minuti più lunghi della storia del cosmo.

È andata via la luce.

Potete crederci?! È andata via la luce! Nel 2484 va ancora via la luce!

Un giovane solitario che viveva in questa città moderna fianco a fianco con tanti umani e androidi, condividendo silenziose quotidianità e individuali esperienze cibernetiche, restò completamente scioccato da questa assurdità: l’assenza totale di energia elettrica. Aveva tessuto un’intera vita sulla routine quotidiana e questa tragedia, l’assenza totale di energia elettrica, l’aveva completamente sconvolto. Continuava a ripetere ossessivamente nella sua mente che non era possibile, che stava solo sognando, ma nella sua mente si proiettavano in successione tutte le immagini delle possibili sciagure mortali che in quegli stessi attimi forse stavano travolgendo persone che conosceva.

«Sto solo sognando. Sto solo sognando». stellemarineworld2848b

Cercava di rendere quelle parole un mantra sperando di svegliarsi da questo incubo, invece la realtà continuava a mostrarsi in tutta la sua spigolosa lucidità di fronte ai suoi occhi increduli, avvolti dal buio più totale.

Nelle orecchie fu subito il caos: si accorse che alcuni avevano cominciato a riversarsi forsennatamente in strada in preda al panico. Notò fiumi umani dirigersi verso il deserto, seguendo la luce di un razzo lanciato nel cielo come una stella filante. Proveniva dai palazzi governativi che speravano forse così di contenere l’evasione, e l’orda spaventata e spaesata sembrava effettivamente farne la propria stella cometa elettrica.

Eppure trentaquattro minuti sono bastati alla distruzione totale di vite, certezze, confusissimi sogni di un futuro nel quale non si sa più cosa resta da realizzare. Tutto si regge probabilmente da sempre su di un perfetto equilibrio basato sull’armonia binaria di zero e uno che si alternano con le loro logiche perfette. Ma ieri notte la continuità è stata interrotta. Per ben trentaquattro minuti. E ciascuno ha perso tre quarti di ogni cosa: tre quarti di fiducia nel finto benessere guadagnato negli ultimi cinque secoli di lotte ed evoluzioni, tre quarti di recupero delle energie (un tempo chiamato “riposo”), tre quarti di attività produttiva, tre quarti di vita… Trentaquattro minuti senza tecnologia oggi, in questo superbo 2484, corrispondono a tre quarti di un’intera vita.

In tanti avevano già collegato il proprio microchip all’alimentatore di corrente elettrica grazie al quale da alcuni decenni si è potuta scongiurare l’antica pratica del dormire (un’enorme perdita di tempo che non ci si è mai potuti permettere), ma non era più contemplata la possibilità di un’interruzione dell’erogazione dell’energia elettrica. Un solo attimo d’assenza e i circuiti dei microchip collegati sono andati subito in tilt, alcuni addirittura uccidendo o rendendo vegetali coloro i quali erano in quel momento collegati alla spina.

In questa tragedia moderna solo il popolo della notte è riuscito a salvarsi.

Il giovane scese in strada insieme agli altri. La paura lo rendeva un meccanismo automatico, quasi un’esigenza. E il giovane era in preda al disagio. Come tutti.

Gli venne naturale, una volta in strada, alzare gli occhi al cielo in cerca di risposte da parte di quell’oscura e imperscrutabile entità blu elettrico che avvolgeva come un manto il pianeta. Il manto stellato gli provocò un’emozione a cui non era in grado di dare un nome. Fu come una magia oscura. In quella notte di disordini e sentinelle è andata via la luce e tutti hanno visto per la prima volta le stelle. Non solo il giovane solitario ma tutti, per la prima volta, hanno scoperto di avere una natura dallo sguardo austero che sembrava quasi giudicare lo stato di alienazione che stava in quel momento imprigionando l’umanità.

stellemarineworld2484cQuando le persone riscoprirono le stelle ne ebbero quasi paura. Quei piccoli brillantissimi occhi puntati silenziosamente su di loro, di cui mai queste generazioni cibernetiche si erano accorte, sembravano avere intenzioni bellicose. Fa sempre paura ciò che non si conosce.

In quella notte di disordini e perdita totale dei fondamenti stessi della società civile, il giovane solitario ha provato a reagire appigliandosi a ciò che aveva letto in un vecchio ebook: “Quando hai paura corri verso il mare”. E lui stava avendo per la prima volta davvero paura: in mezzo a quei puntini luminosi nel cielo, continuava a vedere razzi infuocati che bucavano l’atmosfera e che magari prima o poi sarebbero arrivati sulla terra e avrebbero dato fuoco a tutto: alla città, alle rovine del paese, alla sabbia del deserto… perfino al mare. E chissà quanti erano quegli occhi puntati su di loro che per la prima volta si stavano illuminando nell’oscurità dell’universo. Il giovane solitario si accorse di pensare per la prima volta alla vastità dell’universo.

E corse ancora più forte verso il mare.

Il suo microchip era scollegato dalla rete Internet ormai da dieci minuti e gli sembrava di morire. Un’asfissia atroce stava per stringere il proprio pugno intorno alla sua faringe, lo sentiva già chiudersi pian piano in gola, ostacolando il suo stesso respiro. Ma aveva letto che solo il mare avrebbe potuto sconfiggere la paura. Non sapeva se fosse vero o no ma non aveva altre opzioni, non c’era altra scelta, per cui corse più veloce, ignorando il respiro sempre più affaticato, che gli lacerava i polmoni.

Tredici minuti senza rete Internet nel microchip e il giovane solitario sentiva ormai di non poter più sopravvivere oltre. Si disse però che se doveva morire avrebbe voluto farlo lottando e non facendosi trovare dalla morte già arreso e inerme. Strinse i denti e continuò a correre.

La testa gli esplodeva. Anzi no, non era la testa ma era il microchip che stava raggiungendo una temperatura elevatissima dentro la sua tempia e gli procurava un’emicrania lancinante.

Preso dall’isteria, il giovane solitario si fermò. Cadde in ginocchio. Erano ormai diciotto minuti senza rete Internet e il microchip sembrava esplodergli nella testa. Si accasciò sul suolo urlando di dolore. Il sudore gli appiccicava i capelli sulla fronte, così cercò di scostarli nervosamente con le dita e con le unghie e si scontrò con il microchip sempre più caldo, sempre più in superficie, più rosso, pulsante, bollente.

Inconsciamente, con le stesse mani (che da quand’era piccolo assomigliavano a stelle marine) si copriva il volto, lo asciugava, cercava di allontanare il ciuffo di capelli ma non riusciva a trovar pace e cominciò con violenza a grattarsi e graffiarsi finché per la foga non si strappò fuori il microchip. stellemarineworld2484d

Svenne.

Dopo un tempo compreso tra qualche istante e l’infinito, riprese conoscenza. Era confuso. Sollevò la testa. Il sangue sgorgava, si mischiava con microscopici circuiti di rame e alluminio staccatisi dal corpo del microchip.

Svenne di nuovo.

Gli sembrò ancora un’eternità ma furono solo altri cinque minuti.

Quando si svegliò era sudato, spaventato, sempre più confuso… ma si rese conto che non provava più dolore né aveva più quella sensazione di vuoto che sembrava inseguirlo e incastrarlo fino a pochi istanti prima.

Nonostante il senso di angoscia ancora palpitante e nonostante il lieve bruciore della ferita alla fronte, riconobbe una sensazione piacevole dentro il suo corpo, qualcosa che ancora una volta non sapeva descrivere. Erano tutte sensazioni nuove. Questa era come quando il microchip aveva raggiunto la sua carica completa e tu sprizzavi energie da tutti i pori, ma non poteva essere quello perché si rendeva conto che il suo microchip ormai giaceva in pezzi tra la polvere dell’asfalto, il suo stesso sangue e brandelli minuscoli della sua carne venuta via dalla fronte.

Cominciò a realizzare razionalmente di non avere più il microchip sotto la sua pelle. Si toccò la tempia e nel punto esatto da cui proveniva il bruciore e sentì che c’era solo il suo corpo, la sua pelle, le sue ossa, il suo sudore… niente hardware minuscoli che regolino le tue sensazioni neurologiche.

Cominciò ad avere una gran fame, poi gli venne un brivido di freddo per la brezza marina che soffiava gelida dalla riva ancora lontana.

La salsedine nelle narici gli ricordò il suo obiettivo e gli ricordò da cosa stava scappando, dandogli improvvisamente la forza di rialzarsi. Intorno a lui vedeva ancora il caos più totale: gente che urlava, gente disorientata, gente accasciata al suolo… fiumi di gente in pieno delirio, ma più seguiva la sua direzione e più le voci terrorizzate si affievolivano e i tormenti sembravano non poterlo raggiungere poiché correvano nel senso opposto.

stellemarineworld2484fErano ormai trascorsi ventisette minuti dal blackout ma lui iniziava a sentirsi sempre meglio, nonostante la fronte gli sanguinasse ancora. La confusione non l’aveva ancora abbandonato ma intanto si faceva spazio in lui un’altra sensazione nuova, un’altra sensazione strana… una specie di benessere che gli pervadeva i sensi nonostante si rendeva conto che il mondo intorno a lui non sarebbe più stato come prima. Nulla sarebbe stato più come prima. Ma si stava avvicinando sempre di più al mare e passo dopo passo il suo richiamo, il suo canto, il suo sublime odore di salsedine nelle narici gli davano speranza.

Trenta minuti dal blackout. Intorno al giovane ora un silenzio assordante proveniva dai centri poco prima densi di sinfoniche esplosioni di grida e voci in strada. Non c’era più nessuno: le folle impazzite erano scappate tutte disordinatamente verso il deserto, seguendo la luce dei razzi nel cielo.

Allora perché lui sentiva di dover continuare a correre ancora verso il mare?

Camminava ponendosi mille domande, poi alzò di nuovo gli occhi: le stelle questa volta gli sembrarono luminosi e bellissimi fanali in un cielo sempre più blu e sempre meno metallizzato.

Pensò di doversi rassegnare a vivere in un mondo alieno e desolato, senza via d’uscita, ma i suoi passi procedevano uno dietro l’altro senza sosta, finché ad un tratto non li vide: non era solo, c’erano altri individui come lui, pochi e fragili individui che si erano distaccati anche loro per qualche motivo dalla massa e si erano tutti trovati sulla riva.

Il giovane solitario sentii in mezzo ai loro bisbigli le onde del mare infrangersi sulla battigia e provò per la prima volta una sensazione mai provata prima a cui però seppe subito dare un nome: libertà.

Raccolse una conchiglia e le urlò dentro tutto il suo spavento. Immenso fu lo stupore quando dalla conchiglia vennero fuori dei suoni soavi, quasi parole cantate ma in una lingua a lui ignota, di cui magicamente riusciva a comprendere il senso. Continuò a gridare dentro quella conchiglia e anche le altre persone stavano facendo lo stesso. Iniziarono tutti a guardarsi negli occhi e sorridersi e fu allora che il giovane notò che anche loro avevano delle ferite in fronte, anche loro non portavano più il loro microchip.

A volte basta un attimo per rivoluzionare una vita intera e quell’attimo, dopo trentaquattro minuti di assenza di energia elettrica, arrivò. Dal cielo una palla di fuoco si abbatté sul deserto incendiandolo insieme a tutta la città. Dal mare si sollevò un’onda altissima che lottò contro le fiamme fino ad inghiottirle. Poi tornò quieta e la luna illuminò pallida una scena di distruzione ma anche un nuovo inizio.

Ad un tratto un’onda lieve raggiunse i piedi del giovane che aveva osservato sbigottito tutta la scena. Gli bagnò le caviglie. Lui abbassò lo sguardò. La guardò ritirarsi schiumosa e soffice. E si sentì libero.

DORIANA TOZZI

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