Paolo Rossi: un “Arlecchino” in tempo di crisi

arlecchinopaolorossipetruzzellibari2014L’ultimo appuntamento dell’anno firmato Teatro Pubblico Pugliese nel Teatro Petruzzelli di Bari è riservato all’esilarante comico Paolo Rossi.  La scenografia che caratterizza i suoi spettacoli è sempre tanto scarna quanto originale: sul palco spicca una tela su cui è raffigurato il personaggio che dà il titolo allo spettacolo, Arlecchino, montata su un piccolo rialzo. Troviamo poi un armadietto dei medicinali, un tavolino con delle sedie ed un letto.

I primi ad entrare in scena sono i Virtuosi del Carso (definiti “un gruppo che non ha bisogno di presentazioni ma di soldi”), lo storico gruppo che accompagna il comico nei suoi spettacoli, composto da Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari e Stefano Bembi. Quindi, sotto un accompagnamento musicale, fa il suo ingresso Paolo Rossi, vestito a metà tra un Arlecchino (una giacca piena di post-it) ed un diavolo. Come sempre Rossi parte da un’introduzione e presenta il funzionamento dello spettacolo.

Questo Arlecchino non è uno spettacolo totalmente originale, bensì è un insieme di monologhi e battute riprese dal repertorio classico dell’attore e rimontate sotto forma di commedia dell’arte, che riescono così ad assumere nuove forme, traendo nuova linfa vitale. Il tutto diventa una sorta di “recital promozionale” in cui l’attore si reinventa saltimbanco insieme ai tre musicisti. La pièce è composta da due atti più il bis, e tra una risata e l’altra il ritmo altissimo che non permette pause se non per gli intervalli musicali, fa scorrere il tempo velocemente.

Il comico è in gran forma e tra riferimenti politici, racconti di personali esperienze passate (la cui verità è sempre lasciata in dubbio) e grazie ad un sempre puntuale coinvolgimento del pubblico, dà vita ad uno spettacolo leggero e divertente, che riesce a sorprendere nonostante le battute già note per chi conosce gli spettacoli da cui sono tratte.

Gli aneddoti coprono gli argomenti più disparati: dai medici alla salute, dai cimiteri ai matrimoni, dal paradiso all’inferno, da Berlinguer a Berlusconi. Non manca l’omaggio al grande maestro Enzo Jannacci, suo carissimo amico e collega. Quello che resta è dunque una risata, a volte amara, e gli applausi del pubblico che vorrebbe che lo spettacolo non finisse mai.

Un Arlecchino moderno, funambolico e lunatico, il tutto incastrato in una atmosfera surreale che resta nella memoria e nei sorrisi stampati sui volti del pubblico.

MARCO ROSSOMANNO

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