Non c’è festa di paese senza un luna park, quel regno di luci, colori e musiche a tutto volume dove accorrere per scatenarsi lasciando per qualche minuto da parte i pensieri e gli stress della vita quotidiana. Varcando l’ingresso di quel regno incantato, in cui le giostre sono come luoghi di confine di una realtà parallela, si possono fare cose incredibili e sperimentare piccoli attimi di pura magia, come volare, volteggiare nel vuoto a testa in giù, sentire il cuore in gola ma anche la gola nei polmoni e i polmoni in testa… ed è tutto assolutamente normale perché alle giostre tutto è possibile. Questa magica realtà parallela esiste solo grazie all’energia, alla simpatia ma anche ai sacrifici degli esercenti dello spettacolo viaggiante, che si spostano di città in città, di festa in festa, per portare un po’ di allegria e spensieratezza nel mondo. Oggi ho avuto l’onore, oltre che l’immenso piacere, di fare due chiacchiere con una di loro, nientepopodimeno che Federica Bellucci, che è ai comandi dell’inimitabile Saltamontes The King, una delle attrazioni più amate da grandi e piccini. Federica è laureata in filosofia, ha una sua agenzia di organizzazione eventi e contemporaneamente viaggia in lungo e in largo per la Puglia con la sua giostra. Abbiamo deciso di intervistare proprio lei non solo perché The King, la sua Saltamontes, è notoriamente la giostra preferita della sottoscritta ma soprattutto perché Federica è erede della storica famiglia Bellucci, che porta avanti la tradizione dello spettacolo viaggiante da diverse generazioni, dunque nessuno meglio di lei può raccontarci vita, retroscena e anche miracoli dei re e delle regine del magico regno dei luna park.
Ciao Federica, grazie di aver trovato il tempo per questa intervista nonostante il lavoro frenetico di questo periodo. Mi piacerebbe partire dal principio, parlando della tua super famiglia, che da generazioni diffonde gioia per professione. Quali sono le origini della famiglia Bellucci nel mondo del “divertimento itinerante”?
La mia famiglia ha origini circensi. Tutto è iniziato con il Circo Arbell, che venne fondato intorno al 1920 da Armando Bellucci, mio bisnonno, un ex farmacista originario di Roma, che lasciò la professione per inseguire il sogno del circo. Il nome “Arbell” è un anagramma creato da lui, che deriva proprio dal suo nome e cognome: ARmando + BELLucci = ARBELL.
Armando Bellucci sposò l’artista circense Maria Gemma Lelli. Insieme ebbero undici figli, molti dei quali seguirono la tradizione del circo.
Negli anni ’40 e ’50, il Circo Arbell si esibiva nei teatri più importanti d’Italia, come il Teatro Puccini di Milano e il Politeama di Palermo. La famiglia si è poi diramata in vari circhi e spettacoli viaggianti, mentre tre degli undici figli, ossia mio nonno Dante e i suoi fratelli Mario e Attilio, approdarono in Puglia e iniziarono la grande tradizione familiare all’interno del mondo del luna park.
C’è una cosa che sicuramente tutti i “comuni mortali” avrebbero sempre voluto sapere ma che (quasi) nessuno ha mai osato chiedere – come direbbe Woody Allen – e cioè: com’è crescere in una famiglia di esercenti dello spettacolo viaggiante?
Crescere in una famiglia di esercenti dello spettacolo viaggiante è un esercizio vero e proprio di autonomia che pratichi sin da quando sei bambino. Con i tuoi fratelli o sorelle, nei periodi in cui si va a scuola, ti abitui presto a stare lontano dalla famiglia perché magari i tuoi genitori sono all’estero per lavoro, come è capitato quasi sempre nel mio caso. Poi ti ritrovi a vivere la stagione estiva con orari improbabili e ritmi scombussolati per seguire il giro delle feste patronali in Puglia. Per un bambino, insomma, c’è la disciplina da un lato, quando resta magari con i nonni per poter studiare, e una scarica di adrenalina dall’altro, quando viene catapultato nei luna park senza orari, sempre aperti finché non termina il flusso di gente. Fondamentalmente per me è sempre stato questo: fare in modo di mantenere una linea per garantirsi un’istruzione e una formazione cercando anche di seguire le proprie passioni, conciliando tutto ciò con le necessità di una vita vissuta viaggiando per lavorare.
Immagino non sia stato semplice. Io comunque sono sempre stata molto affascinata dalla vita insolita e adrenalinica degli esercenti dello spettacolo viaggiante, anche se, non avendola provata sulla mia pelle, ne ho probabilmente una visione stereotipata. Di lati belli però ce ne saranno molti, come in tutte le cose. Qual è la cosa che preferisci del tuo lavoro nei luna park?
La cosa più bella di questa vita, dalla mia prospettiva, è arrivare in un posto e aver modo di guardare da vicino la gente che vi abita. Ogni luogo è ricco di persone diverse che trasudano tradizioni e una storia di cui noi sappiamo sempre troppo poco, perché comunque viviamo in quei paesi solo tre giorni l’anno. Io osservo tanto le persone: le sento parlare, ascolto gli accenti che cambiano di zona in zona… Sarà che mi piace molto la Puglia, è casa mia e nutro ammirazione per tanti suoi aspetti, perciò poter ammirare le variopinte sfumature di gente e posti che la animano è sicuramente la linfa vitale che mi porta ad amare quello che faccio.
Comunque aiutami a capire una cosa: sto usando sempre la definizione completa di “esercente dello spettacolo viaggiante” perché rispetto molto il vostro lavoro e ho letto che qualcuno non apprezza particolarmente il termine “giostraio”. A me, però, questo termine non sembra affatto offensivo, forse perché non ne colgo qualche sfumatura. Tu cosa pensi al riguardo?
Le parole e, più in generale, il linguaggio sono portatori di cultura, di pensiero. Io ritengo che nel momento in cui si sceglie di utilizzare una parola piuttosto che un’altra si sta attribuendo un senso specifico al proprio pensiero. La definizione di “esercente dello spettacolo viaggiante” per noi è un titolo, una categoria di persone, una comunità, cioè esprime un senso di appartenenza e ci qualifica per quello che facciamo. Diversamente da “giostraio” che ti associa soltanto a un pezzo di ferro (manco tanto sano) quale la giostra e perciò diventa quasi dispregiativo. C’è da dire poi che esiste anche una sfumatura più sottile e negativa, ovvero che, per il semplice fatto che svolgiamo un’attività, facciamo impresa e abitiamo su ruote, qualcuno con quel termine tende ad associarci anche agli zingari. Credo perciò che ogni cosa vada chiamata con il suo nome, non solo etichettata per convenzione, perché, per quanto a molti possa non interessare il nostro mondo, non si può giustificare la superficialità nel parlarne.
Giustissimo. In realtà, per quanto mi riguarda, vedendo in quel “pezzo di ferro” una piccola macchina della felicità associavo al termine “giostraio” solo sfumature positive e nobilissime, quindi grazie per avermi risposto con tanta pazienza, anche perché non immaginavo proprio potessero esserci questi pregiudizi… non mi sembra abbiano proprio senso…
Mah, come ti dicevo, penso che l’associazione con zingari e Rom sia nata per via della vita nelle roulotte e nelle carovane. Inoltre, dato che la nostra è una vita di sacrificio e di adattamento, non sempre queste due caratteristiche fanno rima con “ordine” o con un’ottimale organizzazione degli spazi adibiti allo spettacolo viaggiante. Spesso succede, poi, che le amministrazioni, nonostante gli anni di frequenza nei vari paesi, ci tolgano la possibilità di installare anche le abitazioni creando un ulteriore disagio. Però alla fine sono convinta che il pregiudizio sia consolidato dal fatto che dovendo migrare sempre per lavorare, il nostro continuo spostarci viene associato a quello di queste popolazioni che lo fanno per cultura. Noi lo facciamo perché abbiamo un giro da seguire ma, nel momento in cui il giro termina, torniamo stabilmente a casa nostra, che per alcuni può essere un terreno con un prefabbricato, per altri un appartamento. Comunque credo che ognuno debba essere libero di scegliere come e dove vivere.
Assolutamente d’accordo con te. Ad ogni modo, prima stavamo parlando dei “pro” del tuo lavoro. Quali sono, invece, i “contro” che proprio subisci mal volentieri?
Di esperienze se ne fanno tante. Tanto belle quanto brutte. Uno degli aspetti secondo me più negativi è che davvero non sai mai cosa può capitare da un momento all’altro. Il nostro lavoro, infatti, non si riduce solo ai tre giorni di apertura nei giorni di festa ma è preceduto da spostamenti, installazione, manutenzione ecc… per cui potresti svegliarti la mattina e aver subito furto di materiale o atti dolosi, così come potrebbe piovere e quindi all’ultimo minuto non puoi aprire, di conseguenza un anno potresti avere un introito minore dell’anno precedente ma magari più spese per varie ed eventuali… Vivere la strada è anche questo. Nulla è garantito e il risultato dipende sempre e solo da te.
Nonostante una vita sempre in viaggio, tu riesci comunque a coltivare le tue passioni e i tuoi interessi, come la laurea in filosofia e l’organizzazione di feste ed eventi con l’agenzia che porta il tuo nome. Esiste, quindi, durante l’anno un periodo di tempo abbastanza lungo da permettervi di condurre una vita in qualche modo “regolare” o hai dovuto realizzare tutto questo sempre in perenne movimento?
La laurea in filosofia l’ho conseguita studiando mentre lavoravo, infatti le sessioni estive erano sempre le più toste perché si dormiva davvero molto poco. Non volevo però rinunciare, quindi ho cercato di ottimizzare e spingere tanto sulle mie forze per raggiungere questo traguardo. Successivamente ho iniziato a interessarmi anche al mondo degli eventi e di conseguenza mi sono formata per poter lavorare nel settore pubblico. Ho lavorato spesso per progetti con la pubblica amministrazione, che è tutto un altro mondo. Diciamo comunque che sono tenace come persona, cerco sempre nuovi stimoli e penso che nella vita sia necessario lavorare duro se non si vuole rinunciare ai propri sogni. Sognare è un privilegio di pochi.
In compenso con il tuo lavoro di esercente dello spettacolo viaggiante fai sognare molti! Credo di poter affermare, infatti, che The King è una delle poche giostre in grado di attrarre i bambini e ragazzini, come tutte, ma che, soprattutto in seconda serata, è anche molto frequentata da chi è maggiorenne già da un po’. Vuoi raccontarci un po’ da quando siete in giro con questa giostra?
Il Saltamontes è l’attrazione di famiglia dal 1992. Tutto ebbe inizio quando mio padre vide un primo modello in Spagna ad una fiera, verso la fine degli anni ’80, e ne rimase subito colpito. Si presentava come una avio giostra, i più classici telecombattimenti, però in una versione più evoluta. Successivamente comprò uno dei primi modelli e iniziò a girare la Puglia per intero. Una festa a settimana. All’inizio è stata dura poiché davvero in pochi volevano provare la “novità”, ogni anno però andava sempre meglio del precedente, fino ad oggi che non c’è un luna park senza Saltamontes.
E mai potrebbe esserci! Io comunque ho sempre visto i tuoi genitori, che sono per me “la signora bruna e il signore biondo”, già ai comandi di questa giostra. Ne hanno gestite altre negli anni precedenti oppure The King (con i vari nomi cambiati nel tempo: La Rana, Hulk, il Canguro, etc…) è sempre stata la sola e unica?
Sì, tutto è iniziato nel 1992, come ti dicevo prima. Da quel momento l’attrazione di famiglia è sempre stata il Saltamontes. Nel corso degli anni abbiamo cambiato temi e soggetti ma eravamo sempre noi. “La signora bruna” è Patrizia, mia mamma, “il biondo” è Sandro, mio padre. Se ci penso: menomale che ci hanno creduto… Dopo tutti questi anni combattono ancora!
Due miti! Se dovessero fare un poster ti giuro che lo compro e me lo attacco sul muro in camera! Comunque la domanda precedente mi è venuta perché mi chiedevo quali sono i parametri che un professionista guarda per scegliere la giostra che vuole gestire. Il gusto personale? La disponibilità?
I parametri che solitamente seguiamo per acquisire un’attrazione sono innanzitutto la disponibilità di piazze in cui la suddetta non c’è, dopodiché ognuno fa le proprie valutazioni. Molti seguono il gusto personale, altri, ad esempio, considerano il numero di posti di cui la giostra dispone perché naturalmente quanti più ne ha più è veloce a smaltire pubblico, dunque a incassare. Ci sono diversi parametri insomma.
Poi, non so se rientra tra questi parametri, ci saranno giostre più facili da montare e smontare e altre più complicate. Com’è il mitico The King da questo punto di vista?
Noi abbiamo cambiato tre Saltamontes, di cui l’ultimo costruito nel 2015. Tra le più nuove in Puglia, per cui ha i suoi sistemi all’avanguardia ed è abbastanza veloce da piantare e spiantare. La manutenzione ovviamente è costante: nel corso di questi anni abbiamo aggiornato software, ricambi, illuminazione ecc… Cerchiamo di stare al passo in tutto. La cosa più importante è certamente la sicurezza sul lavoro per gli addetti e per il pubblico quando l’attrazione è in funzione. Sono i nostri punti fermi.
Dicevamo comunque all’inizio che i Bellucci sono ancora oggi un’intera famiglia di esercenti dello spettacolo viaggiante, per cui nei luna park non c’è solo il vostro Saltamontes ma anche altre attrazioni dei tuoi parenti. Quali sono attualmente? E vi spostate sempre tutti insieme oppure scegliete anche individualmente i luna park a cui partecipare?
Le attrazioni della mia famiglia oggi comprendono il treno fantasma, le passeggiate umoristiche, il ranger, il booster, i mini autoscontri, la corrida e alcuni giochi a premio. Ognuno segue il proprio giro ma ci incontriamo quasi sempre perché comunque lavoriamo tutti in Puglia.
Cambiando sempre luoghi magari non sarà facile avere una sorta di routine quotidiana, ma come funzionano solitamente le vostre giornate da quando arrivate a quando ripartite?
Solitamente, una volta smontata da un luna park, la giostra è già pronta per il viaggio verso il successivo. Partiamo presto al mattino, in modo che, qualora dovessero esserci delle complicazioni (traffico, gomme che scoppiano per il caldo estivo, guasti vari ecc…) abbiamo comunque modo di correre ai ripari e arrivare in tempo alla nuova piazza. Una volta arrivati, il carro viene posizionato sul posto assegnato, messo a livello e si inizia subito il montaggio. Dopodiché si attende la commissione per il collaudo e la consegna delle autorizzazioni.
Riuscite comunque a trovare il tempo anche per vedere i posti dove vi fermate?
Se prima dell’inizio di una festa patronale ci sono delle giornate libere sì, e in quel caso ci fa piacere fare qualche giro più approfondito per visitare un po’ i paesi. Se non ci sono giornate libere il tempo purtroppo è poco anche se personalmente cerco comunque di utilizzarlo al meglio per girare un po’.
D’altra parte la nostra Puglia è ricchissima di panorami che sono pura poesia, per cui la possibilità di ammirarne tanti e sempre diversi lo annovererei decisamente tra i “pro” del tuo lavoro…
Sì, e ti rivelo che ci sono alcune viste mozzafiato e alcuni luoghi che mi sono rimasti particolarmente nel cuore. Penso allo spiazzo dove c’è la statua di re Manfredi a Manfredonia, che è un angolo bellissimo all’alba, infatti chiuse le giostre spesso vado lì ad ammirare il sole che sorge. È un’emozione davvero forte. Ma anche le spiagge di Mattinata, che secondo me sono una vera oasi di pace, o il lungomare di Barletta, che percorro per andare ad aprire ogni giorno nel periodo di luglio, con quei suoi intensi tramonti rosso fuoco. Poi ci sono Galatina, Santa Maria al bagno e Torre Squillace, altri posti meravigliosi. C’è una parte di me in ciascuno di essi, in realtà, perché, pur portandomi dentro e custodendo in me tutta questa bellezza dei posti che vivo, spesso è più quello che lascio a crearmi nostalgia. Poi è vero, ritorniamo ogni anno, ma ogni anno torniamo diversi perché il tempo ci cambia. Mentre quei posti restano.
Capisco quello che vuoi dire. Scorriamo nel fiume della vita, in perenne movimento, e cambiare è necessariamente parte del gioco per le esperienze che ci capitano e ci forgiano, nel bene e nel male. E chissà quante esperienze farete voi, sempre in giro! Ce n’è qualcuna esilarante o particolare che vi è capitata negli anni per questo vostro continuo spostarvi?
Me ne viene in mente una al volo: mio padre e mia madre erano con la giostra a Monopoli e, mentre dovevano attraversare un passaggio a livello, il trattore della giostra si è spento sui binari della ferrovia dove di lì a poco il treno doveva passare! Parliamo di una ventina di anni fa. Per fortuna è andato tutto bene perché venne dato l’allarme in tempo, ma non è mancata una buona dose di ansia.
Mi piacerebbe andare verso la chiusura di quest’intervista con due domande legate a quello che solitamente è il mio mondo, ossia la musica. Riflettevo, infatti, sul fatto che il “suono” dei luna park è cambiato nel tempo, dalle melodie che potremmo definire “felliniane”, tipiche delle giostre dei primi anni del ‘900, fino al bombardamento ritmico ed elettronico dei nostri tempi. Voi come scegliete la playlist per The King?
Il Saltamontes come giostra ha un movimento particolare che non sempre con il suo ritmo si accompagna bene ai generi musicali commerciali più in voga. Si adatta bene alla musica latina, come il reggaeton, l’afrobeat, qualche pezzo di musica techno, latin house… per cui spesso sentirai provenire dalle nostre casse questi ritmi qui. A me poi piace suonare anche alcuni classici di musica italiana e internazionale, sempre commerciali, di quelli che non stancano mai e che piacciono un po’ a tutti.
Abitualmente, invece, tu cosa ascolti?
Personalmente a me piacciono l’R&B, l’hip-hop, il rap e il pop. I miei artisti preferiti sono sicuramente Michael Jackson, Beyoncé, Jennifer Lopez, Santana, Stevie Wonder, Eminem, Snoop Dogg… ma ascolto anche altri generi di musica. Per esempio, quando siamo stati a lavorare in Grecia, mi sono piaciute particolarmente alcune canzoni di artisti come Eleni Foureira, Thanos Petrelis, Anna Vissi. Diciamo che, comunque, la musica non accompagna solo la nostra giostra ma tutta la nostra vita.
Federica, ti ringrazio ancora una volta per averci permesso di sbirciare un po’ più da vicino nel vostro mondo. Ci rivediamo sulla giostra!
DORIANA TOZZI