Passione TV (il cinema nel piccolo schermo) – 23 – American Crime

AmericanCrimeAmerican Crime: Il crimine del razzismo e di una società chiusa in se stessa

Ideato da John Ridley, premio Oscar come sceneggiatore per 12 Anni Schiavo, e mandato in onda inaspettatamente dalla ABC (rete via cavo generalista e “per famiglie” della tv american), American Crime è stata una delle sorprese più entusiasmanti della passata stagione televisiva statunitense.

Partendo dal pretesto di un crimine efferato (l’omicidio di un veterano di guerra e la brutale violenza su sua moglie), quello che questa serie racconta, piuttosto, è lo stato attuale di una società, quella americana, completamente in preda a diffidenze e odi religiosi, razziali, sessuali e non solo.

Puntando la lente d’ingrandimento sui personaggi principali coinvolti in questo omicidio (i parenti delle vittime e dei sospettati in primis), in realtà ben presto si passa alle forze dell’ordine e alla stampa, andando a sottolineare meschinerie e dilemmi etici e morali spesso insiti nelle azioni compiute dagli esponenti di entrambe le categorie.

Le “vittime” (virgolette d’obbligo perché una delle cose stupefacenti di questa serie è che presto cominceremo a guardare queste non più solo come vittime ma anche come carnefici) sono Matt, il veterano, che ben presto scopriremo essere anche un tossicodipendente e spacciatore, e Gwen, la moglie sopravvissuta ma in coma, che tradiva il marito con più uomini e non voleva altro che evadere dal suo matrimonio. Siamo a Modesto, in California, e a causa di questo crimine Barbara e Russ, genitori di lui, sono costretti a rivedersi dopo tanti anni dalla loro dolorosa e sofferta separazione; mentre Tom e Eve, genitori di lei, si trovano ad affrontare la crisi della loro fede e il peso dei segreti scabrosi riguardanti la propria figlia.

Nel mezzo ci sono i vari sospettati e le relative famiglie, tra i quali un messicano, Hector; un ragazzino ispanico di sedici anni, Tony; Carter, un tossicodipendente di colore, e Aubry, la sua fidanzata anche lei tossica. Correlati a loro ci sono la fidanzata di Hector e la loro bambina, entrambe speranzose di continuare un’esistenza lontana dalla criminalità e dalla strada; il padre di Tony, trapiantato negli Stati Uniti da anni e del tutto deciso a fondersi con la comunità americana, dimenticando spesso le sue radici; la sorella di Tony, una ragazza determinata a spalleggiare il fratello a tutti i costi; la sorella di Carter, estremista religiosa, decisa ad aiutare il fratello solo se riuscirà a staccarsi da Aubry e ad abbracciare il suo credo e, infine, la famiglia adottiva di Aubry, sempre più spiazzata dalle “follie” della ragazza, perdutamente innamorata di Carter e disposta a tutto pur di stargli vicino.

Ognuno di loro è sospettato o accusato solo per una serie di coincidenze e di prove non del tutto schiaccianti e quindi fino alla fine si rimane sempre col dubbio AmericanCrimeSCENAsulla loro reale colpevolezza o meno, ma ciò che importa maggiormente, come già detto, non è tanto l’analisi del crimine in sé, ma tutte le riflessioni cui questo conduce, andando a sondare le caratteristiche di ciascun personaggio, su cui spiccano, su tutti, proprio i genitori del ragazzo assassinato (del quale ben presto viene delineata una figura non proprio positiva): da un lato c’è Barbara, interpretata magistralmente da Felicity Huffman, decisamente razzista e chiusa mentalmente, oltre che ottusa e totalmente convinta della colpevolezza di Carter, motivo per il quale ingaggia una vera e propria lotta contro la fazione “nera” della città, oltre che ostinata nel suo livore nei confronti dell’ex marito, ex giocatore d’azzardo, poco affidabile e altrettanto poco presente nella sua vita e in quella dei loro due figli; dall’altro lato c’è Russ, che ha lo sguardo sofferente e profondo di Timothy Hutton, in preda ad una voglia di riscatto per la sua famiglia e per la figura del figlio brutalmente assassinato, del tutto assorbito dal dolore per la perdita e apparentemente rassegnato allo stato delle cose.

Il livello di intensità che spesso si raggiunge, tra l’altro, è davvero coinvolgente, soprattutto quando si sonda l’amore sofferto e profondissimo tra Carter e Aubry o quando viene posta attenzione alla vera interiorità di Barbara, spesso odiabile e antipatica, ma ciononostante un personaggio molto reale e consistente, oppure all’estrema solitudine di Russ, spesso in mezzo tra le varie fazioni, familiari e non, lasciato ai margini e poco considerato da tutti.

Un crimine americano, insomma, che lascia lo spettatore con tanti interrogativi, non tanto inerenti la colpevolezza o meno dei sospettati, quanto la triste attualità di alcune tare sociali ancora molto presenti nella realtà statunitense che, per certi versi, si può ricollegare alla nostra, così come dimostrano i vari crimini italiani di cui siamo sempre più spesso spettatori.

Miglior episodio 1×08

AmericanCrime1x08Episodio cruciale che riesce a trasmettere una reale angoscia, facendo provare, forse per la prima volta e in maniera intensa, compassione per il personaggio di Barbara, dal momento che nessuno, sicuramente a causa dei suoi atteggiamenti poco ortodossi, sembra averne provata per lei, nonostante la perdita così brutale di un figlio. In questo episodio si riesce ad empatizzare con questo personaggio perché per la prima volta è lei stessa ad interrogarsi sul suo atteggiamento, chiedendo addirittura all’unica amica che ha in città se il suo comportamento può collegarsi ad un razzismo mai realmente confessato.

Anche quando abbiamo a che fare con la sorella di Carter, apparentemente dedita solo all’unione della comunità nera e alla professione della loro religione, veniamo sorpresi dalla sua preponderante umanità che scaturisce proprio durante un sofferto incontro con il fratello.

Entrambe queste figure, insomma, rappresentano le mille sfaccettature di un essere umano, che può essere al tempo stesso deprecabile e comprensibile in determinati atteggiamenti piuttosto che altri.

Contemporaneamente si rimane basiti, ma piacevolmente sorpresi, dal realismo di questo racconto, quando i rispettivi genitori delle due vittime si ritrovano a litigare sul discutibile passato di entrambi i figli, in qualche modo contrapposti come coppia a Gwen e Carter che, nonostante i problemi con la legge e con la droga, continuano a dimostrare una profonda abnegazione l’uno nei confronti dell’altra.

Sullo sfondo, tra l’altro, una manifestazione cittadina riguardante il crimine che fa da deus ex machina per tutta la narrazione, girata in modo da trasmettere un grande impatto visivo con l’attacco dei poliziotti che lascia lo spettatore a bocca aperta…

ALESSANDRA CAVISI

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