Visti, rivisti, da rivedere – Ghost Dog

ghostdoglocandinaSono passati diciotto anni dalla data di uscita di quello che, ancora oggi, probabilmente è il miglior film di un regista molto particolare come Jim Jarmusch. Ghost Dog, nonostante sia una storia di “gangster”, se vogliamo canonica nella sua anima superficiale, riesce a rimanere impresso per una serie di motivi, a partire dall’unicità del protagonista, killer solitario che ama e alleva piccioni e segue fedelmente il codice del samurai. Un killer, insomma, dall’animo buono, tipico ossimoro di un certo cinema noir che si rispetti, che si ritrova in un bel guaio a causa di un intoppo: durante un omicidio commissionatogli, la figlia di un boss assiste alla scena del delitto e questo lo porterà all’interno di una spirale di violenza senza fine. Quest’uomo ha il volto perfettamente impassibile di Forest Whitaker, un individuo solitario che con silenzio e capacità di rendersi quasi invisibile, di notte porta a termine i suoi contratti. A renderlo ancora più singolare c’è il suo metodo di “lavoro”: utilizza armi da fuoco, ma le maneggia come se fossero spade da samurai, uno stile di vita che ha imparato ed assimilato leggendo un libro al riguardo. La solitudine, infatti, e l’anacronistico attaccamento a questo sistema di valori, sono altre due caratteristiche che rendono totalmente romantica questa figura che catalizza tutte le nostre attenzioni. Dal momento che il codice che segue, l’Hagakure, è parte integrante della sua personalità, oltre ad essere il motore delle sue azioni, quando lo vediamo muoversi sullo schermo, sempre più rapiti da ciò che gli succede, vediamo scorrere sullo schermo alcuni estratti di questo libro che magicamente vanno a descrivere proprio ciò che gli sta accadendo. Paradossalmente, poi, ad anticipare i funesti avvenimenti che si avvicendano davanti ai nostri occhi, ci sono una serie di cartoni animati (altro ossimoro che rende ancora più originale l’opera), visionati dal bosso e dalla figlia del boss: abbiamo Betty Boop, Felix il Gatto e Grattachecca e Fichetto.

Tutte queste caratteristiche rendono Ghost Dog un film non solo inusuale, ma anche affascinante, soprattutto perché il protagonista, nonostante i pericoli circostanti, con grande determinazione e coraggio, decide di portare a termine la sua missione, continuando a coltivare le sue passioni, tra le quali ghostdogwhitakerla più emblematica è la lettura, cosa che lo porterà ad avvicinarsi ad una bambina conosciuta in un parco e a scambiare libri con lei, segno del suo aprirsi al mondo, scalfendo una parte della sua corazza fatta appunto di solitudine e fermezza. Un’altra figura simbolica in tal senso, è quella di un gelataio francese, col quale cerca di comunicare, non riuscendoci mai, ma che a conti fatti risulterà essere il suo più grande “amico”.

Ma non lasciamoci ingannare, perché Ghost Dog, non è solo il racconto di questa figura a tratti sofferta, è anche un vero e priorio western, con tanto di resa dei conti finale e con una serie di omicidi perpetrati lungo il cammino. Un film che ha uno stile molto definito e che si fa ricordare anche per la forza delle immagini (particolarmente impressi rimangono alcuni ralenti degli allenamenti del protagonista con la sciabola) e per il forte simbolismo insito in esse: ad un certo punto il nostro “Don Chisciotte” incrocia per strada dei cacciatori che hanno catturato un orso, un animale in via d’estinzione, proprio come lui, un uomo in contrapposizione col suo tempo che cerca in tutti i modi, però, di rimanerne attaccato, nonostante la scomparsa dei valori ai quali lui è strenuamente abbarbicato. La differenza col celebre protagonista nato dalla penna di Miguel de Cervantes, sta nel fatto che il nostro Ghost Dog non ritratta i suoi valori e continua a sostenerli fino alla fine, qualunque cosa questo possa significare…

ALESSANDRA CAVISI

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