La società e il calcio: com’è cambiato il rapporto durante un secolo di emozioni

europei2016coppaportogallo9 luglio 2006: la nazionale italiana vince quello che ad oggi è l’ultimo titolo ai mondiali di calcio; 10 luglio 2016: il Portogallo vince per la prima volta gli europei di calcio davanti ai disperati spettatori francesi in quel di Parigi, dove si teneva la finale; 11 luglio 1982: dopo 44 anni l’Italia vince in Spagna il campionato mondiale di calcio. Grandi emozioni che si svolgono sempre in questo mese, a causa di uno sport, il calcio, tanto amato quanto odiato.

Quasi tutti infatti guardano le partite ma non per tutti è un imperativo categorico, anzi più spesso è vero il contrario!

Fino a quarant’anni fa il calcio era uno sport per uomini che si riunivano in gruppo o assistevano solitari agli incontri importanti in televisione o alla radio mentre le consorti chiacchieravano tra loro, spiattellavano o uscivano insieme alle amiche.

Le donne dovevano ignorare tutto di questo sport, persino leitalia brasile 1970 regole basilari. Faceva simpatia la bionda mogliettina, ammessa in soggiorno per gentile concessione dei signori uomini, che non riusciva a distinguere la porta avversaria da quella della propria squadra; mentre, al contrario, era guardata con sospetto la donna che capiva tutto del calcio e guardava il match con cognizione.

Altrettanto poi il ragazzo allevato a documentari naturalistici e musica classica, che faticava ad entrare nel consesso dei simili se ignorava l’ABC del pallone, meritando l’ostracismo e l’ignominia.

Con le vittorie della nazionale a partire dal mitico quarto posto in Argentina al Mundial ‘78 le cose cominciarono a cambiare e il giovane occhialuto timidamente cominciò ad informarsi con più interesse di ciò che concerne il mondo del pallone così come la mogliettina bionda smise di prendere il tè con le amiche perché un certo giovanotto, di nome Antonio Cabrini, era interessante da guardare anche tirando calci sui prati verdi.

Tra corsi e ricorsi giungiamo ai nostri tempi e, con il meteo sulla nazionalantoniocabrinie di calcio spesso variabile e tendente al nuvoloso, emerge un’altra casta o categoria spesso in due parti divisa sul mondo della pelota: si tratta del magico mondo dell’intellettuale. Quelli che spesso vedono le partite ma se ne guardano bene dal rivelarlo salvo poi venir fuori quando la squadra del cuore vince e, con il sopracciglio alzato di ordinanza, danno il loro serafico parere dichiarando di essersi informati per dovere di cronaca.

Poi ci sono gli altri, i funesti discendenti di Catone il censore che al grido di “O tempora, o mores” stigmatizzano ogni cosa: i caroselli con le auto perché fanno rumore e loro vogliono ascoltare il Canone di Pachelbel in religioso silenzio, il voluto coprifuoco durante lo svolgimento dell’incontro di calcio e accusano dei peggiori crimini chi invece la partita la guarda e la gusta.

Sembra che anche chi debba semplicemente guardare le partite il calcio sia destinato a dividersi in categorie e a schierarsi ergendosi a paladino di una particolare fazione.

Il presunto intellettuale così, anziché essere super partes, cade vittima di pregiudizi e luoghi comuni che da sempre aleggiano sullo sport più amato e odiato del mondo e non riesce a commentare con la giusta distanza la reale portata del fenomeno.

Due ore di tifo con il reale distacco che maturità e un pizzico di cultura possono garantire non vogliono dire che chi guarda la partita di pallone debba essere necessariamente uno scempiato avulso dalla realtà e incapace di intendere e volere come hanno dichiarato molti radical chic in questi giorni per essere fashion.

E quindi che si guardino tutti gli incontri sportivi senza vergogna perché solo ammettendo le proprie verità si è davvero liberi.

FRANCESCA BARILE

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