Due: il farmaco dei Refilla è una cura ma anche un veleno

refilladuecoverPotrebbe darsi che venga pubblicato un disco, che non è proprio un disco, da una band emergente ma sempre esistita, con un sound che quando stai per classificare in un genere si rifiuta di essere etichettato. Bene, il caso è questo. Benvenuti nel mondo dei Refilla, la band alternative, ma solo perché progressista, che con l’album Due trova una collocazione perfetta nel periodo storico in cui vive. Dicevamo? Ah sì, il disco non è un disco. Effettivamente già dal packaging non è impossibile comprendere l’estraneità della band dai “giri”. Si tratta di una pen drive con le sembianze di una pillola perché “la parola greca pharmakon significa sia cura che veleno” comunica la band.

Confusi? Cerchiamo di mettere ordine alle idee, anche se i Refilla non sarebbero d’accordo. Due si presenta come un lavoro discografico magistralmente collocato nel firmamento della musica attuale. E questo non perché l’album cavalchi l’onda di un prototipo ben riuscito, che diventa faro della musica per anni, ma perché i Refilla sono dei musicisti che avvalendosi di una produzione artistica d’eccellenza (Andrea Ravasio e Pietro Foresti) hanno avuto la capacità di attingere al pop, al rap, all’alternative rock e all’elettronica, divenendo di fatto pionieri di un genere musicale. La contraddizione è la fiamma che arde nell’album, così un lavoro in cui apparentemente la parte elettronica sembra la preponderante, si presta bene al live e ad assoli crescenti che accompagnano cori da stadio, anche grazie ai testi, monito ad una vita coraggiosa, che sia svincolata dal buonismo 2.0.

Costante dell’album è il binomio rap-cantato. I Refilla riscuotono ottimi risultati nella parte rap di ogni traccia, ma non possono rinunciare all’esplosione quasi melodica dei ritornelli. L’album si presenta così già dalla prima traccia, Era meglio prima, in cui suoni rock-elettronici si fondono su un pezzo super moderno che usa l’input del rap per giungere ad un ritornello quasi melodico. Si prosegue su questa scia in Revolver, una base che cresce sull’elettronica e arriva all’incisivo ritornello “sette colpi di revolver“, per poi chiudersi totalmente in forma rappata. Arriva, allora, la terza traccia, Inadeguato, in cui l’elettronica prosegue con percussioni incisive su versi come “Io non lo so che cosa è questa febbre che toglie il sonno, questo germe che ha fame sentendomi sempre un po’ più inadeguato“, che inaspettatamente sono arricchiti da un fiato che cresce e accompagna la strofa più intensa: “Ti puoi abituare ad ogni sorta di male, convincersi al punto che sembri normale svegliarsi ogni giorno un pezzo di meno, vedere nel cielo diffondersi il nero, gettare via il meglio di quello che ero“.

Dicevamo, l’album insegue una vita coraggiosa, conforme ai propri schemi e non agli schemi altrui. Ed è la storia di chi si è liberato dall’abitudinarietà, o almeno cerca di farlo, quella narrata in Mai stato così bene: “E mentre sfoggi il tuo miglior sorriso sai già cosa dirai: mai stato così bene, davvero bene, sicuro meglio di te, a parte il vomito non c’ho lo stomaco per digerire tanta felicità. Ho visto cosa c’è nell’abitudine, un misto tra rassegnazione e inquietudine“. Si passa così, all’invito ad ascoltare la parte più remota di se stessi in La parte peggiore di me, pezzo in cui si evidenzia ancora una volta l’utilizzo sapiente dell’elettronica, e al tema della rassegnazione di Nella media in cui l’assenza dell’appeal melodico delle tracce precedenti, concentra il parlato sul concetto ripetuto: “Non sei profondo, non sei speciale, è questa la tragedia sei solo nella media“.

Torna la struttura tipica dell’album in Vita da spalla. Il ritornello è collocato tra strofe rappate su suoni che esplodono nel ritornello, “meglio morire da cattivo che sopravvivere da spalla“, fino ad una rincorsa di sonorità elettroniche, traduzione in musica della vita. Viene sacrificata, invece, la policromatura musicale in Giocati dal caso, a favore di un testo più composto, ma ancora dedicato alla narrazione di un vivere coraggioso, tema che diventa stella cometa del disco. Si volge così alle ultime tracce di Due. Da un lato Una vita in viaggio, in cui le batterie diventano protagoniste dell’arrangiamento restituendo l’ennesimo sperimento ben riuscito nell’amalgama elettronica del disco, che qui segue un approccio più rock e meno rap. Dall’altro Failure BLVD, un sound legato naturalmente ad Una vita in viaggio: “Mi sazierò di voi, dei vostri incubi peggiori“.

Tra le due tracce, una terza, Partire a settembre, in cui si scopre l’approccio più pop del disco e forse della band, un unicum dell’intero lavoro. Un arrangiamento che sa di hit estiva, la partenza settembrina dopo la bella stagione, metafora dell’inizio di una nuova vita: “A settembre pure sposarsi sarebbe un errore“. Costruzione classica nel binomio strofa-ritornello che viene esaltata dall’uso di cori dal sapore British nella seconda parte del pezzo, prima della variante super pop del ritornello che chiude il brano.

Sito web: http://www.refilla.it/

Videoclip di Era meglio prima: https://www.youtube.com/watch?v=_BY65Y8XSrU

COSIMO GIUSEPPE PASTORE

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