A un passo da qui: contaminazione internazionale nel disco pop-rock di Marco Rò

marcoroaunpassodaquicoverA un passo da qui è la nuova tappa del cantautore romano Marco Rò nella sua carriera da solista, iniziata ormai nei primi anni del 2000, dopo l’esperienza con la band Clyde. Eclettico e riflessivo, Marco Rò, porta a casa un disco in cui riesce ad essere pop senza tagliare le radici soul e blues che hanno contraddistinto i suoi precedenti lavori. Un calderone di suoni ben amalgamati tra loro, inseriti in una cornice pop-rock che potrebbe costargli un’importante ribalta radiofonica. I presupposti ci sono, la volontà non dovrebbe mancare.

Quello del cantautore romano è un pop pensato, i cui testi badano poco alla rima tormentone, pur non disdegnando piacevoli melodie che suonano di internazionale. Era inevitabile, dopo tutto. Marco Rò, infatti, ripercorre in dodici tracce le esperienze musicali che lo hanno portato in giro per il mondo. Una conoscenza, quella acquisita, che gli permette di osare nei testi, onniscienti di una società globalizzata. Dalla Gran Bretagna alla Russia, passando per la Siria. Ed è questa la tappa che permette di consacrare senza dubbio alcuno A un passo da qui, secondo singolo estratto, come il miglior pezzo dell’album. Un arrangiamento ricercato che, aprendo le braccia alla contaminazione di suoni più mediorientali, cresce di intensità sino a chiudersi con la chitarra che, nel finale, riempie il brano; e un testo, il migliore del disco, che esplode come una bomba in terra siriana: “Nemmeno una stella in terra di Siria, dov’è la mia scuola, dove sono i miei compagni […] a un passo da qui il rumore, la notte rimbomba dell’eco di bombe, in casa si muore“. Il brano, registrato anche nella versione inglese intitolata One Step, ultima traccia del disco, sugella la collaborazione con la giornalista Laura Tangherlini (Rainews24) all’omonimo progetto di sensibilizzazione itinerante (A un passo da qui), dedicato ai rifugiati e ai profughi dalla guerra in Siria. L’affinità artistica con la Tangherlini non si ferma qui, trovando spazio anche nel brano Dune, scritto a quattro mani con la giornalista, che regala un cameo vocale. Suoni che profumano d’Oriente ben si sposano in una ballad sensuale in cui la voce femminile si alterna a violini che scandiscono i singoli versi. Secondo featuring dell’album è quello con la calda voce romana di Marco Conidi, in un brano, Immagini a righe, che rende la realtà carceraria italiana metafora per descrivere una prigione diversa, quella esistenziale: “Dietro le sbarre immagini a righe […] ogni cosa che guardo è firmata da ferri e da righe“.

Ben equilibrato nella scelta di suoni, che possano restituire tutte le sfaccettature del cantautore, l’album segue una matrice nettamente pop che contraddistingue le prime cinque tracce. Dall’up-tempo di La lista, in apertura del disco, e di La scala mobile, singolo estivo, che segna la maturità di essere immaturi, liberi di scegliere senza pensare troppo alle conseguenze, passando per il suono nitido di una chitarra che accompagna il testo di Ale, sino ad arrivare a Tutto quello che non sai. Un brano, quest’ultimo che arrangiando sapientemente chitarre e violini su una melodia più che orecchiabile e chiudendosi con un coro accennato, ben si presenterebbe nella kermesse ligure più famosa d’Italia, portando all’Ariston un amore sbagliato: “Solo a te confiderei che non riesco a fare a meno di scappare da qua su per respirare il tuo veleno“. Un pop russo, ironico nel testo, lo si ritrova nel featuring con la cantante russa Kira Franka, Mosca mon amour. Il brano, figlio dell’esperienza live in Russia, intona i titoli italiani più famosi al mondo per descrivere, con il sorriso, un tempo perduto. Con la stessa leggerezza, Marco Rò, ripropone in versione acustica un singolo del 2013, C’era una volta. Chitarra e voce, peraltro valorizzata dall’assenza di suoni preponderanti, per un racconto a colori di un’Italia passata. La matrice swing, pura ed incontaminata è tutta per Il paradosso, in cui Marco è a suo agio in divertenti virtuosismi vocali.

Inaspettata, dopo un album ricco di suoni e contaminazioni musicali e culturali, la straordinaria delicatezza di In Blu. È il pianoforte ad aprire un brano che si immerge subito in suoni quasi onirici, che non perdendo di sensibilità neanche alla seconda strofa con l’aggiungersi di una chitarra, accompagnano uno dei migliori testi del disco: “Ora che sto patendo, ora che mi hai scoperto, posso solo rinnegare questo cuore a cielo aperto. E tu tracci il mio profilo in blu“.

Link sito web: http://www.marcoro.it/

Link video A un passo da qui: https://www.youtube.com/watch?v=cJKZyCULMuk

COSIMO GIUSEPPE PASTORE

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