A Ghost Story: l’ineluttabilità del tempo e la solitudine di un’anima ancorata alla sua dimensione

aghoststorylocandinaUno dei film più toccanti, profondi e coinvolgenti degli ultimi anni, A Ghost Story, oltre ad essere un’opera dolorosa, poetica, intensamente elegiaca e fortemente comunicativa, ha il pregio di affrontare un sottogenere cinematografico, quello delle storie di fantasmi, da un punto di vista assolutamente inedito e notevolmente sorprendente.

Il motivo di questa originalità di fondo risiede nel fatto che, forse per la prima volta, noi spettatori siamo col fantasma, viviamo i suoi sentimenti, assaporiamo il suo punto di vista, come se il film fosse tutto una soggettiva del personaggio ricoperto da un lenzuolo bianco con due grandi buchi neri all’altezza degli occhi.

A Ghost Story, infatti, è la storia di questo spettro che si aggira tra le mura dell’abitazione che l’aveva visto felice quando era in vita accanto alla sua compagna, impossibilitato a staccarsi da quel luogo, dolente e sofferente per la perdita della donna amata, rimasta in vita e col tempo ricreatasene una nuova, incredibilmente ancorato a quei posti, sinistramente impossibilitato ad abbandonarli persino da vivo, perennemente alla ricerca di un bigliettino scritto dalla donna e lasciato all’interno dell’abitazione, bigliettino che una volta trovato, in un finale tra i più potenti della storia del cinema, lo porterà ad un fulmineo colpo al cuore, seguito da un senso di vuoto, ma al tempo stesso di compiutezza che mette la parola fine ad un ciclo infinto e circolare di emozioni, dal dolore all’attesa.

Con un montaggio sorprendente che ci mostra lo scorrere del tempo e delle ere con una tragicità latente, tutta impressa nelle movenze del fantasma (straordinariamente il rischio di incappare nel ridicolo vestendo il protagonista col lenzuolo di cui sopra, viene sventato e, anzi, lo stratagemma ci restituisce un personaggio col quale magicamente empatizziamo fin quasi a soffrire per e con lui), il film ci restituisce un concetto del tempo non lineare, imperscrutabile nel suo scorrere diversamente a seconda dei personaggi che lo vivono, con il fantasma che torna ad abitare il passato, il presente e anche il futuro, con l’unica ossessione di non lasciare il “suo posto”, luogo al quale sente di appartenere e di non poter abbandonare, nonostante l’avvicendarsi di persone e di ricordi. aghoststory1

Di capitale importanza, a tal riguardo, la scena iniziale in cui i due innamorati di notte sentono uno strano rumore e accorrono vicino al pianoforte non trovando in realtà nulla di strano (tra l’altro il racconto di un amore come tanti è reso in maniera talmente naturale e realistica in una scena in cui i due sono a letto abbracciati, tanto da commuovere, al pari della solitudine lancinante del fantasma narrata successivamente). Una scena che poi viene rivista dallo spettro stesso quando torna a riabitare la casa e a riviverla anche nei momenti in cui egli stesso era ancora vivo e che ci fa entrare in una sorta di loop temporale, ma soprattutto insinua dei dubbi affascinanti e perturbanti sul modo e sulle tempistiche della morte del protagonista maschile. L’anima del fantasma, insomma, “viaggia” nel tempo con la disperata volontà di non abbandonare un luogo nel quale ha costruito i ricordi di una vita e di un amore troppo difficile da abbandonare.

aghoststory2La straordinarietà di quest’opera, oltre alla carica emotiva dalla quale è contrassegnata, risiede anche e soprattutto nella qualità della regia di David Lowery, volutamente caratterizzata da lunghi piani sequenza (rimane impresso quello lunghissimo in cui vengono raccontati egregiamente l’elaborazione del lutto e il dolore provato dalla donna che ha perso l’uomo amato, in una scena in cui la ragazza mangia forsennatamente una torta per poi correre a vomitarla, inconsapevole di essere osservata dallo spettro), da inquadrature fisse che comunicano alla perfezione l’“ancoraggio” del fantasma imprigionato nel posto che non riesce a lasciare e da lenti movimenti della macchina da presa che avvolgono l’uomo a sua volta avvolto dal lenzuolo bianco, sempre più consunto col passare del tempo.

Danno valore aggiunto una colonna sonora letteralmente da brividi e un livello recitativo altissimo con una Rooney Mara sempre più intensa e un Casey Affleck che conferma ancora il suo talento dimesso, ma deciso.

Inspiegabilmente e ingiustamente non distribuito nel nostro Paese, A Ghost Story non può lasciare indifferenti, perché riesce a coniugare incredibilmente il lato estetico con il lato emozionale, cosa che solo i grandi film riescono a fare.

Qui il trailer: https://www.youtube.com/watch?v=0Vb0F_CN83E&t=28s

ALESSANDRA CAVISI

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