Zero Totale: l’artista sconosciuto che costruisce fiabe nell’oscurità

zerototalecoverUn interessante contrasto colpisce al primo impatto con questo disco: le tracce dell’album sono infatti, per stile, così variopinte ed eterogenee da sembrar raccolte da album di artisti diversi, mentre l’artwork, al contrario, è scarno e oscuro (interamente nero!) come scarne e oscure sono le informazioni su chi si cela dietro Zero Totale, un artista sconosciuto e ignoto che vuol restare nell’ombra facendo parlare la sua musica. E la musica di questo lavoro è appunto una sorta di compilation di esperienze musicali, colori e personaggi che, benché diversissimi tra loro, hanno anche un evidente fil rouge in grado, in un modo tutto suo, di tenere tutte le parti insieme.

In 9 brani Zero Totale presenta un’alternanza di sonorizzazioni iper-minimali e ipnotiche su cui si insinua una voce baritonale volutamente monocorde che canta ora su tracce dominate da chitarre distorte diventando quasi un urlo di rabbia, e ora su tracce acustiche diventando cantastorie.
Le ispirazioni sembrano le più svariate (come si può intuire dal risultato): si sentono echi di un certo cantautorato alla De Andrè ma anche forte è l’impronta del Giovanni Lindo Ferretti dei tempi dei CCCP o dei CSI (insomma prima della svolta mistica), fino ad un lirismo, per parole e musica, ispirato probabilmente ai Marlene Kuntz di qualche album fa.

Il mondo fiabesco è molto presente, seppur sono fiabe cupe e terrificanti, metafore più o meno esplicite e intellegibili di un presente complesso e alienante. Alcune di queste fiabe, come nel caso de Le campane, sono accompagnate da un incedere ossessivo, che fa al pari con testi stralunati e volutamente ripetitivi; altre si stagliano su un panorama sonoro decisamente più ricco dove un certo senso di distopia è sottolineato dalle distorsioni imperanti. Ma dopo un tour in questi panorami sonori, si torna a brani fatti di pochi accordi, questa volta acustici, ripetuti come in una filastrocca come base per un testo cupo e altrettanto scarno.

Degna di nota, poi, è Murata viva, in cui torna la chitarra elettrica, senza pesanti distorsioni, con un riff ripetuto ossessivamente che accompagna la voce nel suo scandire un testo ancora una volta da fiaba soft-horror, più recitata che cantata, con una metrica a tratti “avventurosa”. È questa la traccia più potente dell’album, probabilmente anche perché è quella in cui la metafora è meno enigmatica e nella figura della donna murata viva e destinata (o forzata) ad essere madre e niente altro non è difficile leggere riferimenti quotidiani.

Arrivati in fondo all’ascolto l’impressione è che la musica sia protagonista assoluta di alcune tracce, dove si articola su costruzioni complesse con l’uso di molti strumenti, mentre in altre diventa talmente minimale da risultare quasi accessoria: evidentemente è stata dosata in un ritmo on-off tra i brani per dare un effetto complessivo di straniamento, cosa che riesce perfettamente.

Qui l’oscura pagina fb dell’artista: https://www.facebook.com/ZeroTotaleAlbum

LAURA BARGIGGIA

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