Moda e contaminazione: the muslim chic is coming

dolcegabbanaabaya2016Tralasciando le citazioni di ispirazione fantasy, parliamo di una inversione di marcia nel mondo della moda, che si orienta sempre più verso il Medio Oriente, nuovo mercato del lusso per eccellenza. Infatti, a detta di Carlo Capasa, presidente della Camera della Moda Italiana, entro il 2019 il mercato arabo frutterà 500 miliardi di dollari nei settori dell’abbigliamento e degli accessori. Tale cifra fa certamente gola ai grandi marchi europei, che nel vecchio continente colpito da periodi di crisi altalenanti, faticano a raggiungere i fatturati d’oro degli anni ’80 e ’90.

Il Dio denaro chiede e il sistema moda non esita a rispondere. Valentino e Dolce & Gabbana, sono solo alcune delle maison occidentali che hanno lanciato collezioni ad hoc per il mondo arabo, attirandosi anche non poche critiche dagli esperti dell’islamic fashion. Soprattutto il marchio di ispirazione siciliana, è stato accusato di aver tralasciato nella collezione Abaya Line (che prende il nome dal tipico capo di abbigliamento islamico che copre la donna sino ai piedi, lasciando solo il volto scoperto) l’eleganza, la raffinatezza e l’opulenza tanto amate dalle donne mediorientali.  È vero che nel mondo islamico queste indossano abiti decisamente più castigati rispetto a quelle occidentali, ma è altrettanto vero che non rinunciano al lusso.

Non dimentichiamo che la maison Valentino è stata acquistata nel 2012 dall’Emiro del Qatar, su consiglio di una delle sue bellissime mogli, grande estimatrice del brand. Le donne islamiche, non solo quelle non praticanti, ammirano le collezioni occidentali per la loro diversità dai canoni cui sono abituate; quelle che invece vogliono rimanere fedeli a hijab, galabeya e abaya, preferiscono rivolgersi agli stilisti locali che davvero conoscono il loro gusto, fatto di ricami preziosi e tessuti ricercati.

È comunque di moda coprirsi, anche nelle collezioni occidentali. Orli più lunghi, abiti che non lasciano intravedere le forme, veli e foulard sul capo, si alternano da tempo sulle passerelle, confermando la tendenza che vuole la mescolanza di culture diverse, ma solo in apparenza. La contaminazione avviene già da tempo; tra le donne arabe, per esempio, non è raro trovare, celati da tuniche austere, abiti da passerella, costose scarpe di manifattura italiana, per non parlare delle it-bag più in voga.

La comprensione tra i popoli e le culture potrebbe cominciare da un “banale” vestito?

INGRID VERNICE

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