Intervista: “Il Grande Freddo” raccontato nell’ultimo disco del maestro Claudio Lolli

claudiololli2C’è stato un tempo in cui i giovani lottavano per attuare un cambiamento, per innescare una scintilla che permettesse lo scoppio di una rivoluzione che avrebbe potuto migliorare le cose ed avrebbe sepolto il marciume del potere. In quegli anni era fondamentale il ruolo degli artisti e tra loro ce n’era uno in particolare che con le sue canzoni faceva politica, accusava la borghesia di essere ipocrita e riusciva, a differenza di molti, a vedere come gli zingari riuscivano ad essere felici nonostante l’emarginazione sociale (e dà una sensazione strana pensare che tematiche affrontate tanto tempo fa siano ancora drammaticamente attuali). Quell’artista è Claudio Lolli, tuttora uno dei più rappresentativi cantautori della musica italiana, che ha pubblicato ben 14 album in studio, tra cui delle pietre miliari come Aspettando Godot, Ho visto anche degli zingari felici e Canzoni di rabbia.

Il 18 maggio è uscito il suo nuovo disco, Il Grande Freddo, un lavoro pieno di malinconia, riflessivo e che invita a guardare in modo critico quello che ci circonda, non subendolo passivamente. Con Il Grande Freddo l’artista è tornato inoltre a collaborare con Danilo Tomasetta e Roberto Soldati, al suo fianco anche all’epoca dell’album Ho visto anche degli zingari felici.

Abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare Lolli in occasione dell’uscita di questa sua nuova fatica discografica. La prima cosa che ha chiesto è stata di darci subito del tu. Poi abbiamo iniziato a chiacchierare di passato, presente e futuro.

Questo disco arriva dopo 8 anni (2009) dal precedente lavoro. Qual è stata la spinta claudiololliilgrandefreddocoverfondamentale che ti ha fatto decidere di tornare sulle scene?

Forse demenza senile (ride, ndr). No, seriamente, ho scritto queste canzoni e riascoltandole ho creduto fosse un buon lavoro. Sono uscite in maniera molto naturale, di getto. Descrivono un po’ la situazione attuale, questo “grande freddo” che ci avvolge, per questo ho pensato che sarebbe stato giusto condividerle con il mio pubblico.

Questo nuovo lavoro è stato realizzato in maniera molto moderna, grazie al crowdfunding. Come mai hai intrapreso questa direzione e quanto è stato difficile realizzarla?

Il problema è che non c’erano soldi. Ormai le case discografiche vere e proprie non esistono più, per cui se ti presenti con un lavoro e chiedi di essere finanziato storcono il naso. È stato naturale perciò affidarci al crowdfunding e devo dire che è andata molto bene, anche meglio di quanto ci aspettassimo inizialmente, dunque non solo siamo riusciti a fare il disco ma abbiamo fatto le cose per bene, avendo un margine sufficiente per non dover rinunciare a nulla. Certo non abbiamo ingaggiato dei musicisti americani, ma comunque per noi è stato più che sufficiente.

Il tuo sodalizio con Enzo De Giorgi ha dato una veste grafica al lavoro musicale, con le illustrazioni che “raccontano” anche in maniera visiva le canzoni…

claudiololli1Sì, esatto, questo disco è proprio un racconto. Sin dalla prima canzone si parla di un autobus al cui interno ci sono dei personaggi, i quali alla fine scendono e vengono raccontati uno ad uno nelle successive canzoni. Le illustrazioni sono delle finestre attraverso le quali i personaggi assumono nuova vita. Parla di questo presente che stiamo vivendo e che mi sembra davvero un po’… “congelato”, cioè è una realtà in cui succede poco e niente, tutto è bloccato dal punto di vista esistenziale, politico, sentimentale… Sento molto la mancanza di una vitalità mediterranea e cubana, per così dire. Il titolo viene da un vecchio film di Lawrence Kasdan che si chiamava appunto The Big Chill (in italiano Il Grande Freddo), in cui si raccontava di una banda di amici che si ritrovano nella casa di uno di loro per un week-end in cui accennano, in questo calore solidaristico ritrovato, al grande freddo che c’è là fuori.

Un “grande freddo” che però “si può sciogliere”… in questa frase e in genere nel disco, si intravede una vena leopardiana, malinconica ma che comunque alla fine mostra un bagliore di speranza. Tu, dunque, riesci a vedere una speranza per la nostra società?

Dunque ti dico subito come la penso, dato che hai citato il grande Leopardi: la speranza è di destra, la disperazione è di sinistra, io la vedo in questo senso. E questo lo diceva anche Leo Ferrè in un suo recitativo che credo si chiamasse La solitudine che diceva: “la disperazione è una forma superiore di critica. Per ora noi la chiameremo felicità”. E io penso che sia così, cioè che, tra le dovute virgolette, la disperazione sia critica. Al massimo possiamo trovare un compromesso con Gramsci: “il pessimismo della ragione è l’ottimismo della volontà”.

Per quanto riguarda invece i concerti, è previsto un tour per questo album? 

Al momento non è sicuro, è una questione in sospeso, lolliband2dato che le mie condizioni di salute non me lo permettono. Devo vedere come si evolve la situazione, quindi eventualmente se ne riparlerà più in là.

Allora più che di futuro, facciamo un tuffo nel passato. Nei tuoi precedenti dischi traspare una certa rabbia (parlo ad esempio di canzoni come La guerra è finita o La Borghesia), mentre in quest’ultimo album l’antica rabbia sembra essersi attenuata. Cosa è cambiato?

Guarda, la mia filosofia è rimasta la stessa, ma ci vuole energia per la rabbia e io ormai sono invecchiato. In questo momento sono in una fase più riflessiva che rabbiosa. Se poi pensi al singolo, Il grande freddo, è comunque pieno di rabbia e finisce con “ho lo sguardo perduto e le costole rotte”. Diciamo che però manca l’aggressività di un tempo, perché per aggredire ci vuole forza, ci vogliono determinate condizioni…

Qual è il tuo rapporto con la musica di oggi? Segui qualche artista in particolare?

Francamente no, non per fare lo snob, ma non seguo molto la produzione recente. Sento la radio, oppure, frequentando il bar, sento quello che trasmettono ma non ti voglio dire stupidaggini perché i nuovi artisti non li conosco proprio.

claudiololli3Quest’anno ricorre l’80° anniversario della morte di Gramsci, che hai citato prima e a cui nel ‘73 hai dedicato una bellissima canzone, Quello lì. Ritieni che il pensiero gramsciano possa essere ancora attuale?

Be’, c’è da dire che il comunismo è fallito ma Marx e Gramsci assolutamente no. Come succede molto spesso con le rivoluzioni, c’è una parabola discendente: la Rivoluzione Francese è diventata il terrore, la rivoluzione sovietica è diventata Stalin. Il pensiero invece è una cosa che più difficilmente si estingue, per questo secondo me il pensiero gramsciano è ancora molto attuale, purché non lo si riduca, come purtroppo mi sembra stia accadendo oggi, ad una “specie” o peggio ancora ad una parodia.

Grazie infinite per il tempo che ci hai dedicato e tanti auguri di pronta guarigione da parte di tutta la redazione di I Think Magazine!

Grazie ragazzi, a presto.

MARCO ROSSOMANNO

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