Big Eyes: i grandi occhi di Margaret Keane raccontanti da Tim Burton

BigEyesLOCANDINACalifornia, anni ’50. Margaret è una giovane madre neoseparata che fugge a San Francisco con la figlia alla ricerca di un futuro migliore, lontano dall’ex marito Frank. Giunta a destinazione, la donna trova lavoro in una fabbrica di mobili e, per arrotondare, la domenica vende i suoi dipinti al mercato degli artisti. Qui incontra Walter Keane, un sedicente pittore dai modi affascinanti ed imprevedibili, che la conquista subito con la sua simpatia e la promessa di un futuro migliore. Dopo pochi mesi di frequentazione, i due convolano a nozze e l’uomo, non volendo rinunciare al suo sogno di mantenersi solo grazie alla sua arte, tenta in ogni modo a piazzare i suoi quadri nelle gallerie californiane. Dopo una serie di risposte negative, Walter decide di affittare un corridoio in un locale molto in voga e di esporre qui le proprie opere e quelle della moglie. Con incredibile sorpresa, però, scopre che gli unici quadri che piacciono alla gente sono quelli di Margaret e decide così di rubarne la paternità.

Nel corso degli anni, Walter diventa sempre più ricco e famoso e Margaret sempre più sola e sottomessa. Quando, però, una sera, l’uomo, a seguito di una stroncatura, tenta di uccidere lei e sua figlia, Margaret fugge alle Hawaii dove, dopo essersi ricostruita una vita,  decide di riprendersi ciò che le spetta: la sua dignità e i suoi bambini dagli occhi grandi. Inizia così un processo giudiziario e mediatico dai risvolti tutt’altro che prevedibili.

Nel film meno burtoniano di sempre, il celebre regista di Edward Mani Di Forbice e Il Mistero Di Sleepy Hollow, porta sullo schermo la vera storia di Margaret Keane, una donna che, con i suoi dipinti raffiguranti bimbi dagli occhi grandi, ha rivoluzionato l’arte americana.

Nell’anno in cui i biopic vanno tanto di moda (basti pensare a The Imitation Game, La Teoria Del Tutto e American Sniper, tutti papabili agli Oscar), anche Tim Burton si cimenta per la seconda volta in questo genere (la prima è stata nel 1994 con Ed Wood) e lo fa con eleganza, lasciando ampio spazio alla storia della protagonista, una donna determinata e di immenso talento, imprigionata nel suo tempo ma forte abbastanza per imporsi in una società falsa e maschilista.

I ruoli di Margaret e Walter Keane sono rispettivamente affidati ad Amy Adams e Christoph Waltz. Entrambi hanno studiato attentamente i propri personaggi e, dopo mesi di prove, il risultato è eccezionale. A tratti volutamente eccessivi ma sempre realistici, la coppia accompagna lo spettatore in un escalation di sentimenti, prima amore e divertimento, poi rabbia e risentimento.

Tanta è la cura per la scenografia affidata, ancora una volta, a Scott Alexander e Larry Karaszewski (gli stessi di Ed Wood). I due ci riportano nella San Francisco multiculturale degli anni ’50 e ’60, tra capigliature cotonate e arredamenti kitsch, senza mai eccedere; tutto, infatti, è posto al servizio della storia tra Margaret e Walter, senza introspezioni o giudizi di alcun genere.

Burton rispolvera per questo film la struttura del cinema classico e racconta una storia per certi aspetti drammatica come fosse una commedia, forse a tratti nera, ma pur sempre una commedia.

Big Eyes è la prova evidente della grandezza di Tim Burton, un regista che abbandona lo stile dark che da sempre lo contraddistingue per cimentarsi in qualcosa di nuovo, un regista che continua a crescere e a sorprendere il suo pubblico.

SABRINA LANZILLOTTI

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